De Luca manda in scena il copione del terrore
“Se non vuoi un uomo infelice per motivi politici, non presentargli mai i due aspetti di un problema o lo tormenterai. dagliene uno solo“. (cit. Ray Bradbury, Farenheit 451)
Il male feroce e il rimedio doloroso ma salvifico, l’orrore e il salvatore.
Lo spettacolo indecente dell’escalation emotiva per il controllo della ragione, aggredita dello spavento, è andato in scena ieri pomeriggio. Non era un film, ma aveva una sceneggiatura. Era il messaggio alla nazione Campania, a social unificati, del Presidente Vincenzo De Luca, il più bravo a usare il mezzo. Scaltro conoscitore dell’animo e dell’intelletto umano, ha costruito con sapienza malefica il copione per l’annuncio di un nuovo lockdown campano, che dovrebbe anticipare (per sua stessa ammissione) quello nazionale.
La struttura del discorso è stata articolata in quattro movimenti gravi e grevi, in crescendo emotivo, e larghetto finale.
In un manuale di comunicazione politica per aspiranti despoti, finirebbe nel capitolo “anatomia del plagio”.
In avvio l’enfasi sui miracoli campani, quindi del suo Governatore, usando i dati più confacenti con illustrazione del tema centrale dell’opera, la morte. A seguire la narrazione del dilagare terribile del contagio e della ferocia della malattia che non risparmia i bambini e gli uomini di mezza età. Giunge dunque l’inevitabile, la restrizione ferrea. Beninteso non c’è altro da fare, ne è prova la depravazione dei cittadini, scellerati praticanti della vita. In chiusura la solidarietà paternalistica per le difficoltà inevitabili di chi subirà le conseguenze della chiusura. In sottofondo l’esibizione del conflitto interiore che umanizza il dittatore, insonne a interrogarsi sul quesito studiato per rimaner senza risposta “qual è l’alternativa?”.
C’è stato un preciso momento in cui il volto di De Luca si è trasfigurato in quello del Capitano Beatty, capo dei pompieri in Farenheit 451. Beatty incendia, De Luca chiude. Beatty dà fuoco ai libri perché sa – il dramma del sapere – che leggere e ancor più pensare è fonte di malinconia e tristezza. De Luca serra perché sa che è l’unica via per evitare che scoppi il malmesso sistema sanitario della regione dei miracoli inventati e con esso l’ordine pubblico. Per evitare che si palesi il fallimento della gestione della sanità campana.
“Qual è l’alternativa?” è il refrain di una controversia interiore un po’ posticcia, un po’ vera. Ma la domanda è sbagliata. Quella giusta sarebbe “perché non c’è alternativa?”. Qui la risposta c’è ed è senza scampo per chi Governa da cinque anni: perché la sanità campana non è pronta, non è miracolosa né miracolata, perché le ASL non funzionano, perché i distretti sanitari sono lacerati dall’inefficienza, perché anche i privati lavorano male e senza etica, come in un attimo di cedimento, ha ammesso anche lui, il Capitano Beatty De Luca.
Beatty lavora per una felicità falsa, comoda per il potere che la gestisce, De Luca lavora per una sicurezza falsa, che resterà minacciata dal malgoverno sanitario prima che dal coronavirus. De Luca spaccia l’idea di una salvezza che è per lo più sua e che costerà libertà e impoverimento a una terra già critica e in crisi.
Il virus del controllo, forse peggiore del coronavirus, si è impadronito di Beatty De Luca, che vi è incline. Il metodo è inaccettabile perché implica la soggezione, il trauma, il terrore che sottomette. L’obiettivo è limitare le proteste, ammansire i sudditi, far digerire l’indigeribile, far credere che la sanità campana sia sistematicamente eccellente, piuttosto che occasionalmente eccellente. Il mezzo è infame e macabro: una lastra di TAC di un presunto 37enne, presunto malato di Covid, presunto ricoverato al Cotugno, l’unico ospedale ossessivamente e assolutoriamente citato da sette mesi a questa parte.
Lo spettacolo peggiore, però, è stato il video di una presunta festa campana, nel presunto periodo della recrudescenza dei contagi, con presunti sciagurati, ignoranti le regole del distanziamento. Quello è stato il preciso momento in cui è divenuta lampante la sceneggiatura del terrore per il controllo. Quello è stato il momento della trasfigurazione. Un video proiettato per indurre il senso di colpa, ultimo tassello, dopo la paura, per una sottomissione mansueta. Siamo ai confini di metodi che evitiamo di qualificare, ma che ci ronzano in testa con accento tedesco.
Beatty De Luca, è palese, non agisce a cuor leggero. Incorre, tuttavia, in una devianza inaccettabile, addomesticare la verità, traumatizzare il pubblico, annichilire l’intelletto. A parità di decisioni assunte, sarebbe da uomo di stato serio e responsabile ammettere i limiti delle strutture e anche della propria azione amministrativa. Le elezioni sono passate, la propaganda è finita. La solidarietà si dovrebbe manifestare attraverso le scuse, il riconoscimento dei limiti, la trasparenza, la verità. Mostrandosi nudo a chi rischia di restare nudo.
Per quanto combattuto, il capitano Beatty sta dalla parte dal male.
Nel romanzo di Bradbury, ironia della sorte, finisce bruciato dal lanciafiamme di un pompiere dissidente. Il Presidente De Luca deve rivedere la propria retorica, i propri metodi e la propria politica per scongiurare che arrivi il giorno in cui il lanciafiamme di una popolazione disperata bruci le prospettive ulteriori della sua carriera politica. Ieri sera se ne è avuta la prova.
“Il televisore è ‘reale’, è immediato, ha dimensioni. Vi dice lui quello che dovete pensare, e ve lo dice con voce di tuono. Deve avere ragione, vi dite: sembra talmente che l’abbia“!