Vigorito, genio e patriarcato

Oreste Vigorito è un genio. Gli ultimi atti della sua pièce sannita lo confermano. La sua squadra non ha vinto questa volta. Lui si. Lui di nuovo, trovando anche il modo di farsi osannare, di perdonare e, presumibilmente, vendere di più.

Un uomo d’affari con tante imprese che non cede un millimetro allo stereotipo del businessman. Si accredita come umorale, quale probabilmente è. Il suo stile è senza infingimenti padronale, iroso, patriarcale. E ciò che per altri sarebbe fonte di discredito per lui è leva di marketing. Vigorito usa le sue eccentricità e le sue stesse debolezze per nuovi affari, nuovi successi. Giubilei personali. Genio, indiscutibilmente.

Cosa è accaduto

Benevento, serie B (calcistica, precisiamo, non si sa mai). Primavera 2022. Playoff. Promozione in serie A segretamente fantasticata giacché assennatamente inattesa. La chimera si nutre della vittoria della semifinale di andata contro il più forte Pisa.

Il copione è perfetto, esaspera il pathos. Succede la prevedibile sconfitta finale col corollario di delusione. Tiepida, quasi dolce. Un altro anno di serie B, dunque.
Non male per una squadra che fino al 2016, per 89 anni, era rimasta incagliata nelle serie minori, minime, miserrime.

Lo striscione

A farli ai tifosi questi ragionamenti… La platea è variegata e non mancano impulsi smisurati di vanità e ambizione. Le pulsioni sono amplificate fino al parossismo. Calciosterone, si direbbe. Un bel dì, dopo l’eliminazione, tracima sotto la forma tipica dell’eccitazione ultras, lo striscione. “Oreste vattene via.
La firma è quella di una frangia di una fazione dissenziente, minoritaria e separatista della curva.
«Sono 10, altri 10 hanno il Daspo e non si fanno vedere» ci rivela una fonte.

Non gioco più, me ne vado

Oreste, Oreste Vigorito non ci sta. Urla il suo risentimento: «consegnerò nelle mani del Sindaco il titolo sportivo del Benevento Calcio non avendo la volontà di iscrivere il club al prossimo campionato».
Qualcuno dal quartier generale di borgo Santa Lucia a Napoli lascia filtrare un’impertinenza: «questa volta ha sbagliato la comunicazione».

La reazione, in effetti, a primo acchito pare infantile. Ma un uomo con le qualità e le risorse, anche intellettuali, di Vigorito non si abbandona all’infantilismo. Non può consapevolmente azzerare il valore di un’azienda, a questo sarebbe equivalsa la mancata iscrizione al campionato. Non può far prevalere la sua, pure questa riconosciuta, notevole suscettibilità alle critiche.
La minaccia è la mossa che manifesta il genio affaristico, commerciale e, va detto, teatrale.

Il giubileo

Mentre i dieci fessacchiotti tracimanti di calciosterone addirittura si appellavano a, probabilmente fraintesi, diritti costituzionali, la città intera faceva esercizio di condiscendenza, prostrata innanzi al patriarca infuriato, pronta a tributargli giorni e giorni di giubileo.
In sequenza si appellavano alla sua magnanimità, implorando un ripensamento, il Sindaco, il Presidente dell’azienda del servizio idrico, un autorevole magistrato, diversi consiglieri comunali e altri svariati capetti di congreghe di provincia.
Il percorso d’espiazione si concludeva con un raduno ultras allo stadio, aperto per l’occasione per i cori di osanna. Oreste, pietà. Oreste, non dare di testa. Oreste, resta.

Insieme

Il patriarca geniale, così, all’incontro col Sindaco non consegnava alcun titolo ma incassava il rinnovo della convenzione per l’uso dello stadio

A seguire, messaggio a reti unificate. Mezz’ora esatta per lanciare, genio, genio, genio, l’operazione INSIEME. È proclamata la stagione dell’amore: prezzi popolari per gli abbonamenti affinché tanti, tantissimi sottoscrivano. Forza Strega. Sembrerebbe un’amore da quattro soldi, ma non è così. Sembra, solo sembra.

In un batter d’occhio vengono ufficializzati i prezzi e i tempi per l’acquisto. Un batter di ciglio e tutta la città, dopo aver ampiamente disertato lo stadio durante la stagione appena conclusa, freme per abbonarsi e “tornare” allo stadio a osannare la Strega e il suo stregone.
È l’amore e si fa INSIEME.

Il risultato è quel che conta

Vigorito, alla fine di questi frangenti, non è questo il primo, appare con lo sguardo bonario del buon padre pronto ad accogliere il figliol prodigo. Anche il tono di voce è ecumenico. C’è da scommettere che un forte sentimento di generosità paterna alberghi nell’uomo e che gli piaccia esercitarla. Che la consapevolezza della propria esuberante intolleranza al dissenso trovi il suo contrappeso e il contrappasso nell’attitudine a perdonare.
Che poi chicchessia abbia o meno qualcosa da farsi perdonare è altro discorso, qui irrilevante.

I capitani d’industria vanno presi così, giudicati sui risultati, lasciando perdere il resto. E a Benevento Vigorito vince e fa vincere la città che dalla sequenza di campionati di serie B e A trae benefici di notorietà e turismo che non sarebbe altrimenti in grado di procurarsi.

Come sempre il buon imprenditore riesce a coniugare l’interesse dell’impresa con quello del contesto. Benvenga per i sanniti, dunque, il patriarca geniale.