Informazione e persuasione: l’irrazionalità per scelte razionali
Il mondo dell’informazione sembra abbia adottato un metodo infallibile per allietare il palato e sedare la sete di notizie riguardo la pandemia.
I giornalisti, anche quelli con poche nozioni scientifiche, sono diventati maestri del metodo degustativo: si avvicina e si allontana dal naso il calice di un vino mai assaggiato e se ne annusano gli aromi per ricercare l’unica qualità che conta: la persistenza delle percezioni che la bevanda ci regala.
Si seleziona a tutti i costi, tra le notizie scientifiche, il vino franco capace di regalarci sempre le stesse sensazioni; perché è importante, in tempi di incertezze e paure, offrire una prospettiva quanto più oggettiva, consistente e ripetitiva sulle novità dal mondo della virologia.
Non si sa mai. In tempi di Covid-19 il popolo potrebbe essere confuso dalle capacità affabulatorie di influencer pseudo esperti ed ecco dunque riaffiorare la tentazione di educare i cittadini a non indulgere nell’indolenza: le autorità dello Stato e gli organi di stampa spronano con un nudge (spinta gentile) a vaccinarsi.
Ci sono i no-vax e chi crede nella scienza. Punto.
Nessuna sfumatura è concessa, neanche tra gli scienziati è ammesso un dibattito o una pluralità di opinioni. Una dicotomia che tuttavia aiuta a traghettarci giustamente verso l’unico rimedio preventivo dei vaccini.
Non manca certo l’abbondanza delle informazioni offerte da più fonti: un mare magnum di notizie che si autoalimenta per colpa anche della disastrosa comunicazione sia da parte di istituzioni nazionali e sovranazionali che di autorevoli scienziati.
Un mare in cui è facile naufragare e viene da pensare (forse a male?) che si voglia quasi creare un information bias, un pregiudizio cognitivo da ubriacatura di news che scaturisce ovviamente da una gestione compromessa e irrimediabilmente irrazionale delle informazioni; news che risultano malcelatamente, anzi, velleitariamente contraddittorie e che il comune cittadino riesce a procurarsi ed elaborare come meglio può.
L’efficacia e l’effettività dei vaccini contro la Covid-19 è stata ampiamente dimostrata, ma veniamo inondati quotidianamente da informazioni, pure irrilevanti, allo scopo di far prendere una decisione razionale e corroborata da dati scientifici.
Dal ruminare una riflessione critica e personale si cede invece all’offerta di un piacere degustativo per assaporare le stesse notizie o notizie nuove che non aggiungono alcunché a fatti certi.
Ed ecco un’altra parola chiave: persuasione, che si raggiunge anche con velate minacce, col nobile scopo di garantire il benessere collettivo e l’immunità di gregge; è infatti noto che coloro che percepiscono un clima di timore seguono più fedelmente le istruzioni delle autorità (vere o putative) per poi ripudiare qualsiasi altra fonte di informazione.
Un paradosso insomma: si fa leva sull’irrazionalitá per orientarci verso una scelta in fondo razionale.
E se Dan Brown per bocca di Langdon afferma nel romanzo Origin che “per creare efficacemente il caos è necessaria una forma di ordine”, qui invece si propone un percorso magicamente inverso: dal disordine verso l’ordine, sfidando la legge dell’entropia e realizzando un capolavoro sì degno, ma di una fantasmagorica termodinamica delle emozioni.
Ma a chi deve dare fiducia il popolo? A chi ovviamente sa essere neutrale e ripudia ogni forma di blandizie, assicurandoci una vera farmacologia di prossimità.
Lo è forse EMA? Ci possiamo fidare della Agenzia Europea dei Medicinali? Ci sono episodi ambigui nel passato?
L’Autorizzazione all’Immissione in Commercio Condizionata (Conditional Marketing Authorisation (CMA) è stata concessa da EMA tramite la Commissione Europea (EC) per tutti i vaccini innovativi contro la Covid-19 in quanto fondamentalmente esiste e permane un’esigenza sanitaria che non può essere soddisfatta se non con i vaccini genetici; in più tali farmaci sono vantaggiosi perché sintetizzabili molto più velocemente rispetto ai vaccini classici.
Date le circostanze eccezionali della pandemia si è offerto un percorso di rapida autorizzazione per garantire al più presto un’arma efficace contro l’infezione. Una via preferenziale ma contemplata dalla legislazione per assicurare dunque una pronta risposta degli Stati membri.
Negli ultimi 20 anni tuttavia ci sono stati vari tentativi di deregolamentare i meccanismi di farmacovigilanza in EMA per permettere l’uso di una revisione accelerata e concedere una CMA per tutti i nuovi farmaci e non solo per quelli utili per esigenze sanitarie non soddisfatte (unmet health needs). In pratica l’intento poco edificante della Commissione Europea (EC) era quello di far risparmiare sui costi di ricerca e sviluppo e dare alle aziende farmaceutiche un più rapido ritorno sull’investimento. Non era naturalmente questa la parte che avrebbe dovuto attirare gli interessi del pubblico, ma grazie allo zelo di alcuni gruppi e rappresentanti di cittadini europei questo ed altri maldestri tentativi di creare una legislazione “sartoriale” a favore di Big Pharma è stato soppresso.
Grazie all’intervento del Parlamento Europeo e i Ministri della Salute degli Stati membri “l’espansione lobbistica” della vantaggiosa CMA per tutti i nuovi farmaci non fa parte della legislazione sulla farmacovigilanza.
Riportando questi fatti non si vuole scalfire l’immagine di EMA o della Commissione Europea, tuttavia la grande idea di una Agenzia Europea dei Medicinali integerrima e modello di riferimento (a cui anche AIFA rimanda ogni qualvolta ci sia una decisione importante) non è realistica.
Proprio perché i farmaci non possono considerarsi come qualsiasi altro bene di consumo dobbiamo continuare a credere nell’operato indipendente delle istituzioni sovranazionali, ma vale sempre la pene scalfire la superficie apparentemente adamantina e vigilare soprattutto nella fase di post commercializzazione di qualsiasi farmaco.