Niente di più feroce del banalissimo clickbait
“Ischia, prof di 31 anni morta per arresto cardiaco: un mese fa aveva fatto il vaccino Astrazeneca”, titolava il Mattino online qualche giorno addietro. Un lancio ineccepibile, in apparenza, sul piano giornalistico. Contenente, di fatto, solo informazioni vere, se prese singolarmente.
Tuttavia, ben nascosta dall’utilizzo sapiente dei due punti, c’è una trappola. Grazie alla quale chi scrive induce in chi legge l’idea di una correlazione tra il contenuto delle due frasi separate dal segno di interpunzione, peraltro, basata unicamente sulla semplice posteriorità temporale di un avvenimento (il decesso) rispetto a un altro (il vaccino). Un po’ come se intitolassimo un eventuale articolo autobiografico, cedendo magari al gusto del contrappasso, in questo modo: “Giornalista di 34 anni trascorre l’intero pomeriggio sulla tazza del bagno per attacco di colite: qualche ora prima aveva consultato l’edizione online de Il Mattino”.
I latini sintetizzavano tale fallacia logica con la formula “post hoc ergo propter hoc”, traducibile con “dopo di ciò, quindi a causa di ciò”. Noi, che crediamo poco alle fallacie logiche accidentali collocate all’interno dei titoloni, descriveremmo il ragionamento difettoso veicolato in maniera più colorita. Anche perché c’è dell’altro.
Scorrendo l’articolo sulla drammatica scomparsa della professoressa, infatti, viene fuori che la medesima sarebbe stata vittima di episodi ischemici ben prima di sottoporsi alla vaccinazione. Circostanza che lascia pochi dubbi in merito al senso di quel “un mese fa aveva fatto il vaccino”, capace di coniugare egregiamente lo shock per la morte della giovane donna con la redditizia (in termini di click) psicosi da Astrazeneca. Oltretutto, in un momento storico delicatissimo in cui fare una corretta informazione sul tema vaccini è, fuor di retorica, di vitale importanza per la collettività.
Ovviamente, tutto ciò non c’entra nulla con un giornalismo degno di questo nome. Disinformare al solo scopo, supponiamo, di vendere spazi pubblicitari, senza assumersi alcuna responsabilità nei riguardi dell’opinione pubblica e gettando ombre sulla categoria professionale che si rappresenta, non c’entra nulla con un giornalismo degno di questo nome. Ridurre l’onere e l’onore di informare al bracconaggio dei clic non c’entra nulla con un giornalismo degno di questo nome.
Ma se ci limitassimo a stigmatizzare gli innumerevoli episodi “infelici” di tale risma senza inquadrarli in un contesto più ampio, probabilmente non renderemmo un buon servizio in sede d’analisi. Perché, prima ancora di definire, a ragion veduta, “spericolate” le strategie impiegate dai titolisti a caccia di cliccatori e prima ancora di far sedere in poltrona l’urgenza di scandalizzarsi, bisognerebbe anche verificare se l’attuale mercato dell’informazione conceda davvero uno spazio vitale sufficiente a chi, non disponendo di grandi mezzi, non vuol piegarsi alla cliccomania.
La giostra evolutiva del giornalismo online sembra selezionare, come tutto ciò che evolve, le varianti che meglio si adattano. E, in assenza di fondi pubblici o di gruppi editoriali consistenti, la strada per la sopravvivenza nel breve termine pare lastricata di pessime pratiche, spesso snaturanti.
Il lettore medio si ferma al titolo, il lettore medio predilige la brevità, il lettore medio predilige leggere durante le evacuazioni intestinali, il lettore medio non prende sul serio il suo essere lettore medio, il lettore medio è contrario al finanziamento pubblico ai giornali, il lettore medio è insensibile al destino del mondo dell’informazione, rivelano indagini di mercato poco indagate.
Il giornalismo di sopravvivenza si adatta al lettore medio, gli aderisce come un guanto per sturargli la noia, si fa giornalismo medio, lo imbocca, ne coccola le psicosi, le alimenta, lo insegue fino all’ultimo girone dell’inferno infodemico. E il risultato è sotto gli occhi di tutti.
Eppure, chissà, il giornalismo medio, prima o poi, potrebbe persino stancare il lettore medio, ormai mediamente disilluso sulla credibilità del giornalismo medio. La ricerca ossessiva del click potrebbe farsi sempre più scoperta, nauseante, respingente. Il lettore medio potrebbe farsi sempre più sgusciante, disinteressato, più medio, appunto. Mediare tra la medietà dei lettori e la medietà del giornalismo sarà sempre più difficile.
Nel mentre, magari, il giornalismo degno di questo nome potrebbe stancarsi di esistere, oppure, inaspettatamente, prendere il sopravvento.