2020: un anno di m… usica
Definire il 2020 come un “anno maledetto” può essere un facile e sbrigativo eufemismo. Gli appellativi che ha giustamente meritato sono ben peggiori. Si è creato nuovo tempo dilatato, ma costretto, in cui le aree di conforto rappresentate da letture, film e serie tv, games e musica si sono ampliate. Comfort zone sempre più digitali e virtuali. Al punto che, per quanto riguarda la musica, il 2020 ha cambiato per sempre l’industria discografica. Tuttavia, accanto a live streaming e post virali, sono state davvero tante le uscite discografiche classicamente intese (ossia album su supporto fonografico CD e vinile), anche se, ovviamente, la musica digitale ha avuto un ruolo centrale.
Indipendentemente dalla ricaduta economica, appare chiaro che la musica nell’anno senza manifestazioni, raduni e concerti ha svolto un ruolo completamente diverso per musicisti, appassionati e ascoltatori in genere.
A seguire, si propone una playlist dei dieci album più interessanti del 2020. Non una classifica, ma un percorso in ordine di uscita. Naturalmente, come ogni lista che si rispetti, è del tutto arbitraria.
There Is No Year è il titolo dell’album degli Algiers, uscito il 17 gennaio. Un’interessante e originale commistione di elettronica, gospel, soul e post-punk condita da testi socialmente e politicamente impegnati. Difficile tracciarne coordinate note: si possono individuare alcune suggestioni di Public Enemy, Depeche Mode e Radiohead, ma farlo può essere riduttivo. Per riconoscerli: Dispossession.
Per ricordarci che i cantautori non sono solo quelli dei mitici anni ’70, sempre il 17 gennaio viene pubblicato Cosa faremo da grandi? del toscano Lucio Corsi. Fantasia e glamour, Gianni Rodari e David Bowie (ma anche Ivan Graziani e Peter Gabriel era Genesis), per quanto strano possa sembrare, giocano insieme tra strofe apparentemente fanciullesche e articolazioni orchestrali ornate di riff settantiani. Per riconoscerlo: Freccia Bianca.
Ad aprile tornano con The Universe Inside, loro terzo album post-reunion, i Dream Syndicate. Sepolti definitivamente i “giorni del vino e delle rose”, Steve Wynn e soci si lanciano in interminabili jam a microfoni aperti, lasciando fluire liberamente la musica. Album doppio (in vinile), di soli 5 brani, con parti vocali minime e aggregazioni di suoni che spaziano tra psichedelia, jazz-rock e kraut/space. Un viaggio impegnativo e appagante. Per riconoscerli: The Regulator, brano e video.
Mi ero perso il cuore è l’esordio da solista di Cristiano Godano, uscito il 26 giugno. Lavoro principalmente acustico, intenso e delicato a un tempo, lontano dai canoni dei Marlene Kuntz, in cui Godano, con la sua raffinata scrittura e con l’aiuto di grandi musicisti (Maroccolo, Rossi, Filippi), in 13 tracce (14 nella versione in doppio vinile) delinea un percorso interiore dal sapore autentico e universale. Elegante incontro di Dylan, Young e Cave con la canzone d’autore italiana. Per riconoscerlo: Ti voglio dire.
Ultimate Success Today è il quinto album in studio dei Protomartyr, uscito a luglio. Gli occasionali intarsi di fiati, pianoforte, archi e le due “ballate” presenti nella tracklist, possono rendere l’ascolto più vario e ricco, ma non sono sufficienti a intaccare la furia post-punk della band di Detroit che continua, con la voce flemmatica di Joe Casey, a raccontare la sua lotta contro il “sistema”. La varietà e la ricchezza degli apporti strumentali spingono l’ascoltatore a premere nuovamente il tasto “play” alla fine dell’ultimo brano. Per riconoscerli: Processed By The Boys.
A poco più di un anno da un esordio fulminante (Dogrel), il 31 luglio vede la luce A Hero’s Death, il secondo album dei giovani dublinesi Fontaines DC. Meno diretto del precedente, il disco è un concentrato di suggestioni e memorie punk-wave: Clash, Joy Division, Smiths, Cure, Pogues ma anche Sonic Youth, Gun Club e Strokes, il tutto proposto con una personalità ben definita. Le melodie inquiete della voce trovano il giusto contraltare nella sovrapposizione delle due chitarre e nel sostegno della sezione ritmica. Per riconoscerli: A Lucid Dream.
Ultra Mono, uscito il 25 settembre, è il terzo disco degli Idles. I cinque inglesi di Bristol continuano a proporre un post-hardcore dal forte impatto sonoro, quasi fisico, condito di slogan presentati con il free style dei rapper. Gli interventi dei tanti ospiti (tra cui Warren Ellis, Jamie Cullum, Colin Webster) e di strumenti non canonici per il genere, come il piano e, soprattutto, il sax, tendono alla saturazione occupando tutte le frequenze sonore. La “momentanea accettazione del sé” e la lotta alle ingiustizie, nel 2020, hanno questo sound. Per riconoscerli: Model Village.
È il 2 ottobre quando i corvi di Odino spiccano il volo sulla copertina di Utgard, quindicesimo lavoro dei norvegesi Enslaved. Útgarðr, nella mitologia norrena, è una barriera che circonda la terra di mezzo, dove vivono gli umani, che qui diventa metafora del confine oltre il quale si apre l’inconscio. E le barriere saltano. Il viking/black metal delle origini, senza mai sparire, sconfina e si immerge in splendidi vortici di psichedelia progressive e kraut rock, seguendo un percorso avviato da tempo che qui raggiunge un nuovo, magnifico, equilibrio. Per riconoscerli: Sequence.
Ottobre 2020: ventesimo disco in studio per Bruce Springsteen. Letter To You nasce in meno di una settimana, registrato in presa diretta con la E Street Band, tornata in gran forma al fianco del boss. E si sente. Quello contenuto nell’album è un suono che viene dal passato (come tre dei brani della tracklist), nessuna innovazione, puro rock che si esprime attraverso brani tirati, alternati a ballate. Ma che suono! Pieno, potente, compatto e, all’occorrenza, caldo e avvolgente. Su tutto, i testi e la voce di un boss più ispirato che mai. Per riconoscerlo: Ghosts.
Venti è il titolo dell’album e venti sono le canzoni in esso contenute. Un numero che si ripete due volte, come 2020, per il nuovo lavoro di Giorgio Canali & Rossofuoco, nato in modalità smart working, tra Miami e varie località italiane, durante il lockdown e uscito a dicembre. Il sound è quello noto, con poche variazioni, mentre sul piano testuale, Canali, servendosi di numerose citazioni e con un linguaggio esplicito (ma che sa essere anche poetico e romantico) indaga negli aspetti conseguenti e reconditi del “Grande Panico Globale”, fornendo una narrazione icastica dell’anno 20Venti. Per riconoscerlo: Morire perché.