Intercettazioni: trojan in casa e privacy in fiamme
In un momento storico in cui il sistema costituzionale è assediato dal giustizialismo, in gran sordina è entrata in vigore la legge che disciplina l’utilizzo delle intercettazioni telefoniche.
Dopo tre anni, numerosi rinvii di quella che era la cosiddetta “riforma Orlando” e solleciti correttivi dell’ ex Garante della Privacy Antonello Soro, il quadro normativo si presenta totalmente diverso rispetto a quanto previsto da principio.
L’originario testo sulle intercettazioni, infatti, poneva una maggiore attenzione alla tutela della privacy, nell’ottica di arginare il fenomeno della pubblicazione sui media delle intercettazioni coperte da segreto fino al momento di chiusura delle indagini.
È paradossale che la riforma che doveva nascere a maggiore garanzia della riservatezza abbia poi, con un abile revirement giustizialista, ampliato notevolmente l’utilizzo del trojan horse in totale antitesi con la privacy.
Lo strumento investigativo privilegiato per la lotta alla criminalità organizzata, così, ora può essere usato anche per i reati più gravi contro la pubblica amministrazione (pena non inferiore a 5 anni di reclusione) commessi non solo dai pubblici ufficiali ma anche dagli incaricati di pubblico servizio, quali ad esempio autisti dei mezzi pubblici, medici di famiglia, postini, farmacisti e finanche i sacerdoti. Tutti soggetti destinati a divenire portatori sani di intercettato.
Il captatore informatico, infatti, viene inoculato sui dispositivi elettronici privati, quali smartphone e tablet, e permette di attivare il microfono a distanza, registrando le voci di chiunque si intrattenga con il portatore del dispositivo elettronico, sia esso acceso o spento. Si intercettano voci, pensieri, intimità in qualunque luogo il portatore si trovi, finanche nei domicili privati altrui, si prelevano memorie, files, foto. Senza nessuna garanzia e tutela della riservatezza.
Gli effetti distopici maggiori sono caratterizzati dalle intercettazioni a strascico. Non è un caso che la locuzione richiami la tecnica di pesca con cui si getta una rete sul fondo del mare per poi tirare su tutto ciò che raccoglie, senza alcuna selezione. È ciò che viene consentito che si faccia con le intercettazioni : dalla rete si tira su tutto il materiale registrato che sia utile o meno, che sia tutelato o meno.
Si potranno, pertanto, utilizzare intercettazioni raccolte in un determinato processo, in base ad un’autorizzazione rilasciata dal giudice, in un processo diverso da quello per il quale erano state autorizzate e per un reato non connesso con quello di partenza.
Significative, in merito, le parole dell’Avv. Giandomenico Caiazza, presidente delle Camere penali “ti autorizzo per il reato A, ma se scopri anche B e C prendi pure, non si butta nulla“
La scoperta dei reati non può giustificare l’annientamento della riservatezza, ampliando le intercettazioni in siffatta misura, in palese violazione dell’articolo 15 della Costituzione il quale dispone la limitazione della inviolabilità della riservatezza solo se vi è atto motivato dell’autorità giudiziaria.
Tra le altre cose, infine, la riforma prevede la creazione di un archivio digitale telematico, contenente tutte le comunicazioni, i video e ogni altro dato raccolto tramite le intercettazioni che sarà “tenuto sotto la direzione e la sorveglianza del Procuratore della Repubblica”.
Le varie correnti dei pubblici ministeri non hanno tardato a farsi sentire, sia per la mole di lavoro maggiore rispetto agli esigui mezzi forniti, sia per la mancanza degli strumenti tecnologici adeguati a tutelare i dati ex sensibili.
Il mancato coordinamento della disciplina relativa alla privacy pone dubbi e problematiche di non facile e pronta soluzione.
Non si sa, infatti, quali possano essere le conseguenze, civili e penali, di un illecito trattamento dei dati o di un data breach, se le conseguenze ricadano sul titolare dell’indagine. Per non parlare degli esiti di un eventuale, quanto possibile, attacco informatico presso gli archivi digitali contenenti le vite degli altri.
Intanto, sarà opportuno adottare, nella vita di tutti i giorni, determinate precauzioni, quale quella evitare di parlare per telefono di determinate questioni, finanche se coperte da segreto professionale. Bisognerà evitare finanche di scherzare su determinati argomenti. Anni di messaggistica istantanea, ivi compresi i gruppi whatsapp scolastici, hanno insegnato che leggere parole o discorsi senza che ad essi sia stato dato il giusto tono può assumere significati polivalenti, con il rischio di essere catturati nella rete delle intercettazioni anche solo per un fraintendimento o un sospetto.
Nulla quaestio se si è onesti. La persona onesta non ha nulla da temere. Sempre che abbia il coraggio necessario o le risorse economiche adeguate per sostenere anni e anni di processi durante i quali la vita viene messa sotto l’occhio del Big Brother.