Le scuole chiuse compromettono il futuro dei bambini
Alla data del 4 settembre secondo dati Unesco 827milioni di allievi, pari al 47% dei discenti mondiali, subivano l’impatto del coronavirus sul proprio percorso di istruzione. Nei mesi del lockdown (marzo e aprile) i discenti coinvolti hanno superato il miliardo e mezzo, pari a oltre il 90% della popolazione scolastica mondiale.
Le conoscenze scientifiche sul virus non consentono di poter stabilire in modo univoco se le chiusure scolastiche, disposte in tutto il mondo, rispondano a una effettiva esigenza sanitaria.
Le informazioni a disposizione sono scarse e frammentarie. Se è vero che gli ambienti chiusi e affollati favoriscono il contagio, è altresì vero che la malattia ha scarse conseguenze su bambini e giovani. Questi, d’altronde, possono veicolare il virus a genitori e nonni, persone più esposte a esiti negativi della malattia, per altro non ancora del tutto indagati.
L’ignoranza di un fenomeno è connaturale alla scienza, occorre tempo per comprenderne i meccanismi.
Le conseguenze della lunga interruzione del percorso d’istruzione dei giovani e in particolare dei bambini sono anch’esse da esplorare. Numerosi studi e pubblicazioni internazionali hanno, però, già approfondito casi di minore rilevanza e durata.
Conseguenze della sospensione delle lezioni
Un primo dato evidente riguarda il disagio psicologico, emotivo e sociale oltre che il ritardo dello sviluppo cognitivo determinati dalla micidiale combinazione chiusura delle scuole – isolamento per effetto delle misure di distanziamento sociale.
In second’ordine, la pandemia è destinata ad accrescere le disparità sociali. Basti considerare che i più poveri o semplicemente i meno abbienti hanno minori opportunità di avviare per i propri figli percorsi di istruzione alternativi nelle fasi di chiusura scolastica senza lockdown e che solo i più ricchi possono permettersi istitutori privati.
Qualche studioso ha parlato di crisi sociale in divenire, riferendosi alla circostanza che le maggiori conseguenze del ritardo di crescita intellettuale riguardano i bambini più piccoli.
L’American University di Washington DC ha stimato che per ogni due giorni di scuola persi l’1% dei bambini delle elementari perde la possibilità di raggiungere risultati sufficienti in termini di lettura e calcolo.
Per effetto della pandemia e delle misure di distanziamento adottate da larga parte dei paesi del mondo, i giorni di scuola persi sin qui sono oltre 90, il che, considerando lo studio citato, implica che poco meno della metà dei piccoli allievi delle elementari potrebbe non essere in grado di raggiungere buoni risultati in abilità essenziali, come appunto la lettura e il calcolo.
Il lungo periodo di allontanamento dalla scuola, inoltre, può aver determinato una perdita di parte del patrimonio di conoscenze e abilità acquisite.
La didattica a distanza può aver aiutato a contenere alcuni di questi effetti negativi, ma non si sa se e in che misura.
Un periodo così lungo di sospensione delle lezioni è una novità assoluta, è difficile, pertanto, stimarne tutti gli effetti.
Il futuro remoto dei paesi colpiti da coronavirus rischia di essere sgretolato nelle sue fondamenta di progresso, libertà e democrazia per le deficienze formative dei bambini di oggi. Può risultare sgradevole esplicitarlo, ma esiste di fatto, almeno all’attuale stadio delle conoscenze, una sorta out out tra le misure di distanziamento sociale a scuola e le possibilità di futuro prospero delle comunità coinvolte.
La situazione italiana
Tutti i paesi colpiti dalla pandemia hanno disposto la chiusura temporanea delle scuole. È altresì vero che in Italia i provvedimenti sul fronte dell’istruzione non universitaria si caratterizzano per sciatteria e incoscienza.
Il governo centrale e, complice la sciagurata riforma del Titolo V della Costituzione, quelli locali fanno a gara a stabilire proroghe della sospensione delle lezioni. Questo atteggiamento irresponsabile viene autocelebrato, rilanciando le notizie di chiusura delle scuole nei paesi dove sono state riaperte.
È imbarazzante rilevare come sia assente dal dibattito politico la necessità di recuperare il disagio formativo dei mesi passati.
Save the Children a maggio scorso ha lanciato una petizione per sollecitare il Governo ad attivare percorsi ludico formativi di recupero durante il periodo estivo. Appello caduto nel vuoto.
L’inesistenza di un piano per svolgere le prossime elezioni in luoghi diversi dalle scuole e accelerarne la riapertura dà prova del nanismo della classe politica.
Cosa ha fatto lo Stato per fronteggiare il bombardamento sulle possibilità di successo e competizione delle generazioni future determinato dalla pandemia Covid 19? Nulla, se non comprare banchi a rotelle.
Segnerebbe una svolta l’annuncio della riduzione delle vacanze di Natale o dell’allungamento del calendario scolastico. Osteggiare la povertà culturale è strategico ben più che mandare le famiglie in villeggiatura in albergo.
Ci stiamo giocando una grossa fetta di futuro e sarebbe bene affidare a un ministro capace la responsabilità di occuparsene. Il Governo ha un asso, è Gaetano Manfredi, Ministro dell’Università, che nel suo ambito di competenza sta svolgendo un lavoro encomiabile. Si riunisca il dicastero scisso inopinatamente per equilibri di coalizione, si affidi a Manfredi anche la competenza dell’Istruzione.