L’Italia deve ripartire, fate presto
Il cielo si è occluso su Giuseppe Conte domenica scorsa. Due nuvoloni minacciosi hanno proiettato ombre cupe sul suo gabinetto. Si sono presentati sotto forma di editoriali a firma, udite udite, di Matteo Salvini e Roberto Maroni, rispettivamente in prima pagina del Sole 24 ore e del Foglio.
Dal Papeete a Confindustria, togli il costume e indossa la grisaglia, smetti di urlare e parla di reshoring industriale, deponi la cultura del sospetto e proponi la trasparenza, passa dall’antieuropeismo avventuriero a un più mite encomio del lavoro delle istituzioni locali. Accarezza, infine, il pelo al ceto più diffuso e proponi pace fiscale ed edilizia, passando per il modello Genova, ossia il superamento delle norme sugli appalti. Bastano tremila battute per ripulire, smussare, riposizionare Matteo Salvini e farne un affidabile moderato? Difficile, ma non impossibile, dato il peso del giornale confindustriale.
L’ex Presidente della Lombardia, intanto, mette la tunica dell’anziano saggio e detta la via. Basta opposizione per la Lega, ascolti gli appelli di Confindustria (la stessa che ha ospitato Salvini in prima pagina, sic!), appoggi un governo di salute pubblica con tre obiettivi: abolizione del codice degli appalti (toh, sorpresa), azzeramento imposte fino al 2021 (toh, sorpresa), stanziamento di 20 miliardi per il turismo (questa è diversa, forse per scansare il sospetto di aver scritto in accordo con Salvini).
L’impressione, però, di un endorsment studiato per consolidare la nuova foggia Salviniana (esibita sul 24ore) è forte.
La lettura sistematica dei due articoli induce a ritenerli, al contempo, risposte e richieste pubbliche alla capitaneria affinché si apra alle fregate leghiste il porto della credibilità per un nuovo governo.
A quel punto gli indizi di burrasca incombente sul malconcio scafo del governo Conte erano due. Il dibattito parlamentare aveva visto, infatti, l’altro Matteo, Renzi, alzare i toni più del solito. Le abituali critiche malcelate da proposte avevano lasciato il campo a dichiarazioni ultimative. Vi facevano, poi, seguito le minacce di dimissioni del Ministro renziano Bellanova e ieri sera la posizione di non aperta contrarietà alla mozione di sfiducia al ministro Bonafede, presentata dal centrodestra.
Per avere una prova, però, di indizi ne occorrono tre. Ci ha pensato un puntualissimo Silvio Berlusconi, dichiarando al Giornale: “pensare oggi ad un cambio di governo non è ovviamente possibile, ma questa situazione non è eterna. Il ritorno alla normalità prima o poi riguarderà anche la politica.“.
Il lavoro per superare il “bisconte”, insomma, è bello che avviato. Non è lineare, non ha scenari certi e tempi definiti, ma l’impalcatura è piazzata.
Non occorreva l’intuito di uno skipper per capire che il vento soffiasse contro il malconcio scafo governativo già prima della pandemia. Questa, anzi, gli ha dato l’occasione di invertire la rotta e prendere il vento in poppa. Abilità dimostrata dal governatore della Campania, De Luca, resuscitato dopo essere stato dato per spacciato. Giuseppi, invece, non è un tattico, si è adagiato su una popolarità (64% secondo gli ultimi sondaggi) più emotiva che razionale e ora che la fase due farà prevalere la ragione sulla paura, la crisi materiale sulla lotta all’invisibile aggressore, vedrà la zattera demoscopica sgonfiarsi e forse affondare.
Non si hanno certezze, ad ogni modo. L’opposizione al debolissimo governo è a sua volta debole e disorganizzata né pare avere un sensibile maggiore spessore politico della maggioranza.
Le cronache dei maggiori quotidiani, poi, riferiscono di un Quirinale cauto sull’ipotesi di un governo d’unità nazionale. Gli autorevoli candidati a Palazzo Chigi si dice manifestino riserve sull’affidabilità di Salvini (evidentemente gli editoriali non sono bastati).
Il natante Giuseppi, zavorrato da un equipaggio di rara inanità e inadeguatezza, è arenato. Prova ne sia che a maggio inoltrato non riesce ancora ad emanare il decreto aprile per fonteggiare la crisi Covid.
Il Paese, però, ha urgente bisogno di rimettersi in moto. L’economia è allo stremo, le famiglie in difficoltà, la tensione sociale inizia a essere percepibile. I mercati internazionali continuano a declassarci e pare approssimarsi lo spettro speculativo.
L’Italia insabbiata ha bisogno di prendere il largo. E per questo servono al timone capitani abili e coraggiosi. Fate presto.