Sebastiao Salgado e Santa Rita da Cascia: metamorfosi e miracoli

Anche un tralcio di vite rinsecchito può tornare in vita e produrre uva bianca con l’intervento della Santa degli impossibili. Evento meraviglioso, che pare si sia manifestato nel giardino del convento dopo le continue cure che la novizia Rita dedicò a questo pezzo di legno.

Si narra che il miracolo fu frutto della sua obbedienza alla singolare richiesta della badessa di innaffiare una pianta morta. La vite prodigiosa contro ogni logica aspettativa iniziò a gemmare, produrre virgulti e regalare frutto.

La tradizione vuole che la vite di più 200 anni, che è ancora abbarbicata su una parete del monastero di Cascia, sia quella innaffiata dalla Santa con l’acqua che lei stessa tirava su dal vicino pozzo.

Che sia un evento naturale ovvero al disopra delle leggi del pianeta terra è poco importante.

Colpisce invece come la costanza delle cure e l’obbedienza ad un compito irrazionale generi invece la sorpresa, l’incantesimo, l’inattesa ricompensa; l’ottundimento di un ordine impartito fa risvegliare inaspettatamente e ribelle la vita: la quiescenza cede il passo alla rigogliosità con l’intervento delle umanissime cure.

La Natura in fin dei conti si riprende la sua gloria con un minimo gesto, che sia compiuto ovvero, ancora meglio, da parte nostra evitato; non bisogna interferire con i ritmi millenari di Pangea, ma intervenire con l’oculatezza dell’agire, ovvero nel non agire addirittura.

Un progetto che non profuma di santità, ma che sa di eroico è sicuramente quello di Sebastião Salgado e sua moglie Lélia Deluiz che dal 2000 hanno saputo trasformare caparbiamente una terra desolata in una rigogliosa foresta. Il loro sforzo ha ricreato un intero ecosistema nello stato di Minas Gerais in Brasile, come riportato dettagliatamente in questo articolo dell’Istituto statunitense Smithsonian. Sebastião Salgado è un famosissimo fotografo brasiliano e dopo una vita sempre in giro per il mondo, segnata anche da missioni traumatiche, scoprì che il suo vasto appezzamento di terra, una volta lussureggiante e ricco di fauna, era invece diventato una landa desolata con il solo 0,5% di alberi.

L’istinto predatorio dell’uomo e in particolare gli allevatori di bestiame nella valle del Rio Doce avevano sterminato la foresta atlantica e anche suo padre per necessità aveva dovuto abbattere gli alberi, vendere il legname e far crescere erba per nutrire il bestiame.

Dopo circa 20 anni e milioni di alberi piantati il territorio è tornato ad essere un ecosistema con flora e fauna autoctona, ma Sebastião Salgado e Lélia Deluiz hanno preferito non esserne più proprietari: attualmente l‘Istituto Terra da loro fondato è una riserva naturale riconosciuta dallo stato e una organizzazione non-profit, le cui attività vanno dalla semina e creazione di vivai di piante indigene, alla formazione di ecologisti in erba.

Lélia Deluiz per prima ebbe l’idea di ripristinare quella “crosta nuda” piantando degli alberi per guarire non solo la terra arida, ma anche lo spirito affranto del marito. Colpisce un passaggio della sua intervista:“è necessario ricreare una foresta con alberi autoctoni e quindi raccogliere i semi nella stessa regione in cui si vogliano piantare, altrimenti i serpenti e le termiti non tornano. E se si pianta una foresta che non appartiene al territorio, la fauna non si moltiplica e la foresta rimane silente.”

Queste parole fanno ricordare la virtù tutta cristiana della prudenza che ironicamente non ritroviamo affatto nel miracolo della vite di Santa Rita da Cascia, ma in una rinascita non dissimile, addirittura nell’emisfero australe, nella valle del Rio Doce.

La novizia che bagna d’acqua un tronco secco lo fa per obbedienza e con umiltà, ma segue una condotta quasi eversiva, rivoluzionaria, che una donna di accorti passi e una mente prudente non compierebbe mai. Il miracolo del risveglio si manifesta tuttavia per fede, benché senza la guida della prudenza e senza un giudizio di coscienza.

La virtù della prudenza invece la troviamo diffusamente nel progetto di vita di Lélia Deluiz e Sebastião Salgado: soppesano bene le possibilità che può avere la loro intuizione, il loro desiderio, e portano avanti questo miraculum, discernendo il bene e scegliendo con oculatezza i giusti mezzi per portarlo a compimento.

Sarebbe stato quasi inevitabile nel 2000 farsi trascinare da una foga ecologista e mondana, ma con criterio hanno fatto riprendere alla natura il suo posto nel deserto ereditato.

Un’attività umana coraggiosa, ma volta solo a ripristinare e non a stravolgere, agevolando il ritmo della natura, con la cura lenta delle risorse locali, per catturare anidride carbonica e donare ossigeno con alberi indigeni piantati a milioni.

Emblematiche sono le foto scattate dall’alto che documentano nel corso degli anni la trasformazione della landa desolata in una foresta, quasi a rappresentare la metamorfosi di una crosta bruna in uno smeraldo vivente.

Tanta operosità ed eroismo sono stati poi ripagati con la libertà di godere del successo del verde e di renderlo fruibile a noi abitanti del pianeta, condividendo sia le metodologie e più concretamente la proprietà.

Grazie a loro la libertà dall’oppressione, dall’ingerenza delle corporazioni, dal disboscamento ha lasciato il passo alla libertà di avere un sogno, di realizzarlo e di essere un’ispirazione per milioni di noi.

Una volta che la Natura riprende il suo posto, sia che accada attraverso il percorso della fede o della prudenza, ci regala sempre una nuova occasione per vegliare su di essa in uno spirito di comunità.