Fase 2: la mezzanotte del Mezzogiorno
Il quadro che si sta configurando in questo momento rischia di danneggiare ancora di più la struttura di quel ponte immaginario che connette il Mezzogiorno con il Nord e ciò potrebbe verificarsi a causa di un semplice fenomeno fisico: la risonanza.
La risonanza si verifica quando a un oscillatore armonico (quindi un sistema che oscilla, come una molla, un’altalena o un ponte) viene applicata una forza esterna con una frequenza uguale a quella che avrebbe il sistema in totale autonomia: le oscillazioni aumentano e si va tutti giù per terra.
Nel nostro caso la forza esterna è il “vento dell’emigrante” (che portava le provviste e due o tre pacchi di riviste). Il quale, da decenni, fischia forte e spinge impetuoso, e in futuro, ipotizzando raffiche ancora più forti, potrebbe determinare la FINE del Sud.
Stiamo vivendo la fase del “megastrutturalismo dell’anima”, il cui intento è quello di integrare totalmente l’architettura del nostro essere con le leggi della produzione di massa. La nostra anima al servizio del consumo, l’Hi-tech nelle catapecchie, nei ruderi dell’anima che siamo diventati e nei quali viviamo. Ci stiamo concentrando sulla sovrastruttura in un momento in cui è la struttura a essere in crisi. Stiamo attraversando questa fase auspicando un ritorno alla normalità senza considerare l’ipotesi di un cambiamento radicale nell’approccio.
A quanto pare, tra le cose che stiamo capendo, oltre ad aver finalmente scoperto quanto a De Luca piaccia vivere in un mondo che è un mix tra Doom e Call Of Duty, c’è l’impellente necessità di uniformare totalmente un sistema sanitario che al momento non permette a tutti i cittadini di avere le stesse possibilità di assistenza. Io stesso, che risiedo in Campania, sono uno di quelli che deve andare a curarsi in Toscana e come me ci sarà sicuramente una carriola di calabresi o di lucani che per curarsi devono spostarsi altrove, in Emilia-Romagna o in Lombardia.
E non può più bastare un servizio di Sky sul “Cotugno esempio di Sanità” a nutrire, in modo sterile, l’orgoglio del Sud. Vi è bisogno di una nuova coscienza meridionalista, consapevole, informata, determinata e pragmatica, che sostituisca alla svelta quella visione nostalgica ed enfatizzata (sfociante, in casi estremi, in derive neoborboniche) che non ha condotto a nulla, se non a una separazione ancora più netta tra la realtà dei fatti e la fantasia.
Inoltre, è davvero giunto il momento in cui questa inadeguata, indegna e oscena classe politica si assuma delle responsabilità congiuntamente a una impreparata e miserabile classe dirigente, perché se “questa è una guerra” ancora non abbiamo ben capito con quali “armi” la stiamo combattendo.
“La Fase 2”, il sequel che potrebbe piacerci ancor meno del primo film “La Fase 1”, rischia di diventare una sconfitta schiacciante in grado di assestare il colpo di grazia al Meridione. E oltre ai quotidiani inviti a restare a casa, urgono delle risposte concrete. Risposte che bisogna dare adesso perché o si agisce ora o per il Mezzogiorno sarà più nera della mezzanotte.
E quel ponte che ci collega al Nord cadrà dopo l’ultimo grande esodo. Quello finale. Quello che svuoterà definitivamente il Sud.