Fedi a confronto: Bergoglio vs Salvini-D’Urso

Piazza San Pietro vuota. Pioggia battente. Sovrumani silenzi. Spezzati al più da qualche sirena lontana. Un papa Francesco solo, di una solitudine solenne, potentissima. Una mise en place del sacro, profanamente parlando, autoriale, filmica, perfetta. Che fa appiccicare al monitor lo sguardo. Non c’è ateismo metodologico che possa distrarre. La gravitas della scena fagocita qualunque rumore di fondo, anche mentale. Estetica e metafisica si prendono per mano alla loro maniera, sconcertando. Azzittendo. Poi l’indulgenza plenaria. Formula, forse, stanca, ma di sicuro effetto. La voglia di assoluzione, il pontefice lo sa, non conosce quiete. Ad addomesticare il nulla si fatica il doppio quando l’umana tragedia decide per l’assedio.

Studio di Canale5. Luce battente. Sovrumani chiacchiericci. L’infotainment opta per il misticismo. Barbara D’Urso a sinistra. Matteo Salvini a destra, come gli riesce bene. In mezzo, l’eterno riposo. Del buon gusto. Con la preghiera a sgomitare nello show-business e il forzuto fandom della croce ad apprezzare la spiritualità pop, per non dire trash, per non dire neomelodica, per non dire insipiente. In frettolosa sintesi, la prosecuzione del cuore immacolato di Maria su altri palcoscenici. Un’ideuzza della “Bestia”, assicurano gli esperti del “sentiment”. “Bestiale”, quindi, per definizione.

Fedi asimmetriche. L’una che cerca, evangelicamente, un segnale del Deus Absconditus durante il naufragio, laddove, per dirla con Pascal, c’è abbastanza buio per chi non vuole credere. L’altra che, di solito, non vuole proprio saperne dei naufraghi. Naufraghi che, anzi, di solito, ama dare in pasto agli sconfitti del capitale selvaggio per calamitarne il voto, il vuoto. Magari con maratone della paranoia a reti unificate.

E mentre il credo bergogliano si consegna all’acustica disegnata dal colonnato del Bernini pronunciando un angoscioso, inaudito, non t’importa di me? Il credo, diciamo così, di diversa qualità, asimmetrico, Mediaset friendly, per l’appunto, si consegna alla liturgia salviniano-dursiana. Con la conduttrice più amata dalle genti italiche che dichiara, urbi et orbi, di non vergognarsi (gulp!) nel recitare in diretta televisiva l’eterno riposo spalleggiata dall’ex ministro dell’interno: la tensione spirituale contemporanea in pochi fotogrammi. Progressi fideistici alati, d’un certo spessore.

Nella disputa, gli atei, perché gli atei oramai fanno anche questo, tendono a simpatizzare per Bergoglio. Non dimenticandosi, per carità, dei corridoi umanitari apparecchiati dalla chiesa per i nazisti in fuga, dell’Inquisizione, degli abili traffici dello Ior, dell’insopportabilità della teologia razionale (utile solo per chi già crede – ancora Pascal), dei bigotti, eccetera. Ma tendono a simpatizzare per Bergoglio. Perché sta sulle palle alle alte sfere ecclesiastiche, perché è sudamericano (?), perché prova, di tanto in tanto, a fare pulizia, perché, soprattutto da sinistra, insiste sulla questione sociale, perché, probabilmente, restituisce un concetto di homo religiosus prossimo a qualcosa di spirituale, riflessivo, eversivo, dilemmatico, serio, prossimo al cristianesimo originario.

I credenti, invece, paradossalmente, non si sa bene da che parte stiano. Ci vorrebbero dei sondaggi. Di sicuro, e lo diciamo da una prospettiva atea, dovrebbero cominciare a meditare la questione. Perché il cattolicesimo bergogliano e il salvinesimo post-concilio-di-Live-non-è-la-D’Urso non sembrano avere granché in comune.