Trump sfida medici, coronavirus e americani: “riapriremo tutto”
Trump sacrificherà gli americani al coronavirus se questo dovesse servire a salvare il mercato e le sue prospettive di rielezione. Vale a dire che, data la scelta tra solidarietà e barbarie, Trump sceglierà la barbarie.
Una sanità smantellata, un problema minimizzato e paragonato ad una normale influenza, poi il risveglio e la grande paura all’orizzonte, fino alla sfida ai medici.
Era il dicembre 2018 quando, per la prima volta, un giudice federale del Texas dichiarò incostituzionale l’Affordable Care Act, meglio consciuto come Obamacare, la riforma sanitaria dell’ex presidente della Casa Bianca, Barack Obama. Donald Trump l’aveva già bollata come “un disastro costituzionale” e un “costo eccessivo per gli americani“. La sentenza fu poi confermata da altri giudici federali, motivo per cui Trump esultò pubblicamente per quella che era stata una sua battaglia di riferimento prima di diventare Presidente degli Stati Uniti d’America.
Dalla cancellazione della riforma voluta dai democratici, ad oggi, nulla si è mosso: buona o cattiva, l’Obamacare è stata l’unica legislazione importante degli Usa e non solo nel campo sanitario. A seguire il nulla, il vuoto che oggi appare catastrofico mentre monta, sempre più preoccupante, l’avanzata del coronavirus in America.
E così, lo scettico (o forse sarebbe molto più corretto dire sarcastico) approccio che Trump ha avuto con l’avanzare e l’espandersi del coronavirus in Europa, è dovuto essere goffamente cancellato dal presidente americano e dal suo governo: un tentativo maldestro salvarsi in calcio d’angolo.
Dopo che l’Oms ha dichiarato ufficialmente “pandemia” l’emergenza virus. Donald l’imprenditore, il 19 marzo, si è precipitato a sostenere che “nessuno avrebbe potuto aspettarsi che scoppiasse una pandemia. Questo è qualcosa che è successo ed ha sorpreso tutto il mondo“.
I suoi critici sostengono che, dati i mesi di avvertimento dagli eventi in Cina ed il propagarsi del virus in Italia e poi nel resto dell’Europa, la Casa Bianca avrebbe dovuto essere molto più preparata: mentre in Italia siamo allo stremo con un sistema sanitario già pesantemente vessato, negli Usa a pochi giorni dall’emergenza c’è già una carenza di kit di test che impedirebbero anche ai vertici della sanità pubblica statunitense di elaborare una reale stima dei contagi negli stati più colpiti.
Ed ecco che, quando l’attenzione mediatica sta per scagliarsi contro l’anno zero della sanità americana, la strategia politica della Casa Bianca punta a incolpare la Cina per il mancato allarme. Un giochino di bassa lega che porta al massacro: “Sia Pechino che Washington” – ha sottolineato nel suo articolo Stephen Collison della CNN – si accusano a vicenda delle carenze nella lotta di ogni nazione al virus. Trump ha sicuramente cambiato tono se si considera che solo l’11 febbraio aveva elogiato il suo “amico” presidente cinese Xi Jinping, per poi cambiare totalmente parere, accusando la Cina di aver permesso alla pandemia di diffondersi“.
Ora Donald l’imprenditore, preoccupato per le disastrose conseguenze economiche e sanitarie che il coronavirus può causare negli States, cambia nuovamente posizione e giura che “riaprirà l’America in 15 giorni“. Alza la posta in palio e prova a fare il dottore: è tornato alle sue solite buffonate, attaccando la stampa, diffondendo disinformazione e, come se non bastasse, promettendo una cura miracolosa.
L’opinone pubblica americana, anche quella filo-repubblicana, in questo difficile periodo, sembra aver del tutto girato le spalle al suo “condottiero”: è evidente che la Casa Bianca vuole mettere in secondo piano le previsioni terribili per l’occupazione e l’economia e sta cercando di inviare segnali che c’è luce alla fine del tunnel.
“Se gli Stati Uniti avessero il rigoroso regime di test della Corea del Sud o di Taiwan – sottolinea Jamelle Bouie sulle colonne del NY Times – se conoscessero la portata dell’epidemia e avessero le risorse per mettere in quarantena selettivamente i malati e i contagiosi, solo allora potrebbe immaginare un ritorno alla normalità nel prossimo mese o così, poiché la maggior parte delle persone ha iniziato a tornare al lavoro e i vulnerabili sono rimasti a casa. Ma questo è uno scenario improbabile, nel migliore dei casi, più un mondo da sogno che una realtà“.
Sembra paradossale, ma la superpotenza mondiale si è fatta trovare assolutamente impreparata dall’arrivo del covid-19 e l’opinone pubblica punta l’indice contro Trump, non solo per non aver fatto nulla per la sanità fino ad ora, non solo perchè ha sottovalutato il problema nonostante i mesi a disposizione per organizzarsi, ma sopratutto perchè negli States non si ha la minima idea di quanti americani siano realmente malati e quanti siano asintomatici.
Tutta la stampa è concorde: rilassare le restrizioni in questo contesto equivale a garantire una maggiore diffusione della malattia e un aumento del numero di vittime. Se gli ospedali locali, d’altrone, non saranno in grado di gestire un’inondazione di pazienti contagiati, se non sranno in grado, insomma, di curare tutti, il tasso di mortalità non potrà che aumentare. I problema sanitario, così, si tramuterà in crollo economico e blocco sociale.
Entrambe le scelte (quarantena o scarse restrizioni) sono sbagliate, ma una salverà vite umane, mentre l’altra le sacrificherà sull’altare di guadagni illusori. Per questo gli esperti dell’amministrazione hanno sollecitato la Casa Bianca a proseguire il distanziamento sociale e altre misure di protezione.
Trump, però, continua, sfida la medicina ed è sicuro che un blocco esteso sia più dannoso del coronavirus. Il Washington Post riporta che Trump sia irritato perchè “il paese non può restare chiuso fino all’estate ed è stancante parlare solo di coronavirus“. Funzionari chiave all’interno dell’amministrazione stanno spingendo il presidente a riportare l’economia sulla buona strada. “Il presidente ha ragione. la cura non può essere peggiore della malattia“, ha sostenuto su Fox News Larry Kudlow, direttore del Consiglio economico nazionale della Casa Bianca. “E dovremo fare alcuni compromessi difficili“, ma l’unico modo per sostenere l’economia in blocco è il sostegno senza se e senza ma del governo alla comunità americana. Tutto ciò mentre Trump è ancora impegnato ad abrogare l’Affordable Care Act e porre fine all’assistenza alimentare per 700.000 americani. Un vero controsenso.