Covid-19: Paolo Ascierto e la sua sperimentazione
La vicenda Galli-Ascierto, lasciata decantare senza speculazioni, con ogni probabilità, sarebbe stata presto archiviata dalla memoria collettiva come “parentesi infelice”, essendo il quadro generale intasato di eventi ben più drammatici. Di base, con la stagione bellica che stiamo attraversando, con gli ospedali che si trasformano in potentissimi ripetitori epidemici e con le terapie intensive prossime al collasso, i conflitti di competenza tra virologi e oncologi, le rivalità Nord-Sud e l’intestazione dei meriti, assumerebbero un’importanza relativa, per non dire oziosa. Questo, di base.
Ma quando una microcontesa medico-territoriale viene spostata sul piano del linciaggio mediatico e il linciato, nella fattispecie, è un luminare che ha protocollato una sperimentazione che potrebbe salvare delle vite, provare a ripristinare il giusto ordine delle cose, magari bonificando messaggi distorti veicolati nel prime time, diventa obbligatorio per chi si occupa di informazione. Anche perché siamo in Italia, paese in cui ordo essendi e ordo cognoscendi, realtà e rappresentazione della realtà, tendono a biforcarsi più del dovuto.
Quindi, ribadiamolo, perché tocca ribadire persino questo: Paolo Ascierto non è un impostore macchiatosi di appropriazione indebita. Paolo Ascierto, al contrario, è un opinion leader di livello mondiale nel campo dell’immunoterapia dei tumori. Per saggiarne il peso, basti pensare che il suo punteggio secondo l’indice di Hirsch (utilizzato per misurare l’impatto sulla comunità scientifica di un autore in termini di pubblicazioni e citazioni ricevute) è di 78, a dir poco notevole: qualora il lettore non fosse pratico di questo tipo di classificazioni, precisiamo che, per rilievo, nel suo campo, è il secondo in Europa tra 25.000 specialisti. Un’eccellenza, tra le molte eccellenze, dell’Istituto Pascale di Napoli, centro all’avanguardia per le ricerche in ambito oncologico.
Per fare ulteriore chiarezza sulla vicenda, puntualizziamo che quella effettuata da Ascierto e dal suo team di medici e metodologi non può considerarsi, come l’oncologo ha sottolineato più volte nelle interviste rilasciate, una scoperta in senso stretto. Poiché una sperimentazione analoga, tra le miriadi di sperimentazioni in corso, è stata già compiuta in Cina su un gruppo limitatissimo (21) di pazienti affetti da coronavirus.
Semplificando in poche battute, l’ormai nota intuizione sperimentale potrebbe essere ricostruita così: dal momento che il farmaco Tocilizumab viene usato in oncologia per controllare l’eccessiva risposta infiammatoria a livello polmonare indotta come effetto collaterale da alcuni farmaci impiegati nella terapia del melanoma, allo stesso modo si è pensato di adoperarlo nel contrastare la sintomatologia infiammatoria polmonare del Covid-19.
Dopodiché, in virtù del protocollo elaborato dal team del Pascale, dell’annessa esperienza nella conduzione di studi clinici, e dell’approvazione dell’AIFA, si è potuta avviare la sperimentazione farmacologica di fase 2. Grazie alla quale si sta verificando un’eventuale efficacia del farmaco statisticamente significativa, superando la semplice osservazione aneddotica, e sarà possibile aderire, per tutte le strutture sanitarie coinvolte nella lotta all’epidemia, alla piattaforma informatica messa a disposizione dall’istituto di ricerca napoletano.
Non male, non poco.