Calcio italiano: un mondo capovolto con giudice scimmione
Il calcio italiano è un mondo capovolto. Sono capovolti la giustizia, il diritto e i diritti, la lettura dei regolamenti e della realtà.
È questo che è venuto da pensare nell’immediato del finale di gara di Juventus Inter dello scorso 4 aprile.
Si attendeva conferma dai provvedimenti del giudice sportivo. Puntuale, è arrivata.
I fatti
A Torino, allo Juventus stadium, è il 93′ della semifinale di andata di Coppa Italia.
Lukaku, nero che più nero non si può, segna il gol del pareggio per l’Inter. Immobile sulla posizione di tiro, esulta mettendo il dito innanzi alla bocca, a mo’ di silenzio. Pronuncia anche qualche parola, forse muti, non è chiaro.
L’arbitro lo ammonisce per esultanza provocatoria. Il giocatore è espulso, essendo già stato ammonito.
Lo Juventino Cuadrado gli si avvicina, evidentemente provocandolo. Ne nasce un parapiglia. Seguono altre risse ed espulsioni.
Raccontata così, la vicenda sarebbe semplicemente deprecabile ma non capovolta.
I dettagli
Mancano, in effetti, tre dettagli decisivi.
Il primo sono le urla di insulto razziale di cui è stato destinatario il nero, nerissimo Lukaku per larghi tratti della sua presenza in campo. Qualcuno dice che i cori di insulto razziale siano iniziati dopo un fallaccio (da rosso diretto) su Gatti, il che è un po’ come dire che una donna è stata stuprata perché portava la minigonna.
Secondo, la stagione di Lukaku all’Inter è stata molto deludente. Infortuni, pochi gol, occasioni sprecate, due almeno nell’ultima partita persa in casa dall’inter. Molte critiche.
Dopo il gol a Torino, e siamo al terzo dettaglio, Lukaku non si è diretto verso i tifosi che lo insultavano. Si è inchiodato nel punto da cui ha scoccato il tiro fatale, ha incordato i muscoli, chiuso gli gli occhi e indicato il silenzio.
Più che un gesto d’esultanza, una manifestazione di autocontrollo. Un esercizio di contenimento della rabbia, un forzarsi di tacere per non mandare affanculo le bestie sugli spalti. Magari anche a dire smettetela di insultarmi.
Secondo alcuni, poi, un invito alla stampa a tacere sul suo conto, a mettere da parte le critiche.
Tutto insomma, fuorché una provocazione.
Calcio italiano: arbitro e giocatori ricordano alcune regole e ne scordano altre
L’arbitro, invece, capovolge la realtà. Legge una sfida in quel gesto e irroga la sanzione.
Anche i giocatori della Juventus, rabbiosi per il gol degli avversari allo scadere, aggrediscono Lukaku e ne chiedono l’ammonizione.
Gli stessi giocatori non hanno, però, sentito i cori di insulto razziale né chiesto ai tifosi di smetterla.
Come l‘arbitro, del resto, che ricorda la sanzione per l’esultanza provocatoria, ma scorda quella (sospensione della partita) prevista per il caso di insulti a motivo del colore della pelle.
Eppure, risulta dal referto degli agenti federali che quei cori sono durati a lungo e provenuti da larga parte del settore tribuna sud dello stadio.
Il giudice scimmione condanna Pinocchio derubato
Il giudice sportivo riprende quel referto referto e, paro paro al giudice scimmione di Collodi, appone il sigillo sul capovolgimento della realtà. Siano condannate le vittime.
Confermata a Lukaku la sanzione per esultanza provocatoria.
Chiuso per un turno il settore curva sud dello Juventus stadium per i cori razzisti. Nessuna attenuante (pur prevista dall’articolo 29 del codice di giustizia sportiva) riconosciuta alla società degli Agnelli per l’amplissima collaborazione offerta nell’individuare i responsabili.
Due pesi e due misure: il fariseismo della FIGC
Attenuanti riconosciute e sospensione della sanzione della chiusura della curva, invece, disposta a favore della Lazio per i cori di insulto di matrice religiosa levatisi dalla curva.
Non risulta, però, che la Lazio abbia collaborato più della Juventus nell’identificare o censurare o impedire le espressioni ingiuriose.
È, piuttosto, netta, quanto sgradevole, la sensazione che la FIGC, più che regolamento alla mano, decida col bilancino dell’opportunismo, della doppiezza, del fariseismo. Una espulsione ingiusta a te (Lukaku) per non spernacchiare l’arbitro, una chiusura di curva a te (Juventus) per esibire finta fermezza contro gli insulti razzisti. Altrove, beh, chissenefrega.
Pagano un giocatore cui tutto il mondo esprime solidarietà e la società con lo stadio e i sistemi di videosorveglianza più evoluti d’Italia.
Il mondo perfettamente capovolto del calcio italiano è servito.