Parroco inquisito, il dovere di contegno e temperanza

Benevento è scossa e agitata. Il parroco della chiesa di San Modesto, epicentro del quartiere più popoloso della città, don Nicola De Blasio, ha subito una perquisizione domiciliare su ordine della Procura di Torino. In un suo pc è stato rinvenuto materiale pedopornografico e dagli scaffali di casa sono balzati fuori 170mila euro in contanti. La Procura di Benevento ha disposto gli arresti domiciliari cautelari.

Don Nicola era anche direttore della Caritas diocesana, incarico dal quale si è dimesso a seguito dei provvedimenti giudiziari. Da qualche tempo, a quel che ci risulta, la gestione finanziaria dell’organismo pastorale era stata affidata ad una confraternita. Nelle ultime elezioni amministrative il sacerdote è stato apertamente schierato a sostegno di Angelo Moretti, deus ex machina di una rete di cooperative sociali, operanti in alcuni casi nello stesso ambito della struttura diocesana di carità.

I commenti e la rimozione dei bambini

La vicenda giudiziaria, delicata ed eclatante, ha scatenato inevitabilmente una ridda di commenti intrisi del trasudamento di veleni e adrenalina accumulati durante la campagna elettorale, dai toni aspramente personalistici, conclusasi meno di un mese fa.
Si inneggia per lo più al parroco, alla fede nella sua innocenza o, in minor misura, nella sua colpevolezza.

Pare trascurarsi che l’accaduto è penoso e, in ogni caso, prima ancora che la giustizia avrà svolto le sue indagini e i suoi eventuali processi, ci sono vittime.
Il parroco, ove fosse accertata la sua estraneità alle imputazioni, i bambini ove fosse il contrario. Anzi, i bambini comunque, atteso che quel materiale esiste.
Bambini, però, è la parola rimossa dal dibattito, per esimersi dall’imbarazzo, per ripulire il discorso, per attenuarne il peso. L’ipocrisia di questa rimozione è spaventosa quanto un ineffabile cinismo.

L’equilibrio dell’arcivescovo

Solo l’arcivescovo ha parlato di minori le vittime di un crimine, significativamente ponendo lo strazio innanzi a tutti gli altri argomenti, nelle prime righe del suo comunicato: «l’arcivescovo di Benevento, Felice Accrocca, esprime piena solidarietà con le famiglie dei minori oggetto di criminoso sfruttamento ripresi nei video e nelle foto». Indica una linea di equilibrio e sobrietà, poi, quel testo, esprimendo vicinanza a don Nicola e auspicando la sua collaborazione per l’accertamento della verità.

L’alto richiamo implicito nelle parole di Accrocca è passato inascoltato. I più sono travolti da un’insensata e arbitraria necessità di schierarsi fideisticamente. Si procede indecentemente alla costruzione di realtà fittizie e senza riscontro (“il tribunale dei social ha dichiarato che il parroco è colpevole” e viceversa), per poi sbracciarsi in commenti inquinati dall’appartenenza. Nella foga di esser servile, qualcuno, con l’intento di assolvere il parroco, ha finito per danneggiarlo, se non diffamarlo.

Chiarire la provenienza del contante

Il dramma dell’uomo arrestato e dei minori abusati potrebbe indurrebbe a relegare in secondo piano la vicenda del contante.
Nell’ultimo ventennio le leggi hanno introdotto discipline tendenti a restringere significativamente la circolazione di banconote. Ciò al fine di tracciare le movimentazioni di denaro e contrastare i crimini e il riciclaggio. Prelevare una somma ingente in contanti dal proprio stesso conto, oggigiorno, richiede l’indicazione della causale.
Senza che si voglia esprimere alcun giudizio o adombrare sospetti, anzi con l’intento opposto, è auspicabile che l’attività giudiziaria si occupi del fagotto di euro rinvenuto, chiarendone inequivocabilmente l’origine.

Le eclatanti rivelazioni degli ultimi due anni hanno scardinato significativamente la fiducia dell’opinione pubblica nell’operato della magistratura. Il prestigio degli esponenti del terzo potere dello Stato e la deferenza dei cittadini per i magistrati è ai minimi termini.
Non disperiamo del lavoro scrupoloso e lucido di molte toghe, estranee alle beghe di potere, ai condizionamenti e al lassismo. Putridi derivati della protezione di casta.

Le vittime attendono giustizia.

Intanto che le complesse indagini e i giusti processi avranno il loro corso è devoluta a ciascuno di noi la necessità del rispetto per le vittime, chiunque siano. Un rispetto che implica contegno e temperanza.