Dieci considerazioni a freddo su Euro 2020
Uno, come il canale Rai. Le Notti europee hanno suscitato numerose polemiche, di cui alcune sicuramente condivisibili, altre certamente pretestuose. Secondo Libero, infatti, la Rai avrebbe sacrificato “la meritocrazia per il politicamente corretto”, affidando la conduzione a Danielle Madam, in coppia con Marco Lollobrigida. Per chi non avesse acceso la tv nell’ultimo mese, Danielle Madam è una campionessa di getto del peso, pavese di origini camerunesi. Apriti cielo… ed apriti Rai!
La critica fa quantomeno sorridere per due motivi: primo, in quale universo parallelo la Rai sarebbe considerata la casa della meritocrazia? Secondo, siamo sicuri che la scelta di aprire le porte anche a cittadini italiani che non lo siano già da quarantuno generazioni sia così traumatica? Non sarebbe invece un primo passo per dischiudere il fortino all white dei media italiani?
Due come… 1982, l’anno dell’ultima competizione in cui Marco Travaglio tifò per l’Italia. Da lì in poi, la retorica nazionalista, il volemose bene generalizzato che dura quanto un tempo supplementare e i presunti meriti politici delle vittorie sportive, hanno sempre indispettito il giornalista torinese. D’altronde è difficile immaginare Travaglio tifare da invasato per qualcosa. Parafrasando Freud, Travaglio potrebbe essere uno dei pochi casi in cui l’io è padrone in casa propria: arduo sarebbe immaginare l’incontenibile principio di piacere del direttore de Il Fatto quotidiano saltellante in una notte magica. Sarebbe quindi interessante sapere cosa avrà pensato di Giuseppe Conte – a sua detta recente vittima di “conticidio” – che si è congratulato apertamente con la nazionale dopo ogni vittoria, con quella stessa vecchia retorica tricolore.
Tre come tertium non datur. Black lives matter: o ci si inginocchia, o non ci si inginocchia. La nazionale italiana ha scelto di vincere anche l’Europeo dei neuroni specchio. Non sarebbe stato meglio lasciare libertà di azione ai singoli giocatori, in assenza di una decisione comune? Nell’anno delle celebrazioni dantesche, quella dei ragazzi di Mancini è una tragicomica dimostrazione di ignavia.
Quattro come 1954: in quell’anno la nazionale italiana indossò per la prima volta la casacca verde riproposta recentemente dalla Puma. Questo verde speranza della terza maglietta dell’Italia non poteva certo sfuggire a Matteo Salvini e a ciò che resta del suo passato da indipendentista padano. Il leader leghista non ha perso occasione per festeggiare le vittorie della nazionale, indossando però proprio la maglia verde: padano e italiano, comunista e sovranista, indipendentista e nazionalista, tra Alberto da Giussano e Giuseppe Garibaldi, tra prima il Nord e un prima il Sud, con la nazionale ma contro… in due parole: Matteo Salvini.
Cinque come i rigori segnati durante la finale. Per la prima volta per un evento così importante, covid oblige, c’è anche una donna al commento tecnico sulla Rai, Katia Serra. Inutile dire che anche nel suo caso le critiche a pioggia non sono mancate. Un altro sacrificio della proverbiale meritocrazia di Mamma Rai?
Sei come gli anni della guerra d’indipendenza algerina. Lo scrittore Fulvio Abbate ha tracciato un parallelismo appena forzato tra la sua resistenza attiva contro gli Europei, rivendicando il diritto di boicottare la manifestazione e cambiare canale, e i terribili eventi verificatisi tra il 1954 e il 1962 in Algeria. Una rispettabile diserzione secondo alcuni, che si è però interrotta per criticare l’operato della succitata Katia Serra durante la finale. I dubbi permangono: che boicottaggio è se poi si segue e si commenta proprio la finale? Italia-Galles possiamo saltarla tutti, ma saltare la finale è da veri disertori.
Sette come gli anni della presidenza della Repubblica. Gli occhi delle telecamere nostrane erano ben puntati sul presidente Mattarella, definito dalla stampa il “primo tifoso” della nazionale. Qualcuno si sarebbe aspettato un’esultanza più vigorosa, mentre altri hanno apprezzato l’aplomb britannico del presidente. Un’esultanza che sa di riconferma?
Otto come gli anni che sono passati dall’assurda profezia verificatasi su Twitter. Un utente inglese, per ragioni bizzarre, inspiegabili o divinatorie, il 22 febbraio del 2013 twittò: “L’Inghilterra ha appena perso gli Europei del 2020 ai rigori. Non è cambiato niente”. Un’incredibile illuminazione, difficile da motivare. Peccato però che lo stesso utente abbia scommesso solo 6 sterline su questo evento da lui preconizzato anni prima, vincendone 61. Con un po di fiducia in più, avrebbe potuto essere milionario. Morale della favola: è cosa buona e giusta scommettere ampie somme di denaro su profezie calcistiche casuali condivise sui social network anni prima che gli eventi vengano addirittura concepiti.
Nove come gli anni trascorsi dall’ultima finale disputata dall’Italia, considerando che per la prima volta non è stata rispettata la scansione quadriennale della competizione europea. Il verdetto del 2012 fu certamente impietoso: 4 gol per la Spagna e un sogno infranto. Tra poco di più di un anno la nazionale affronterà il mondiale di “inverno”, quello che si terrà in Qatar. Imbattuti dall’ottobre del 2018, gli azzurri potranno approfittare di questo breve lasso di tempo e restare in scia, o si ritroveranno eliminati e offesi come dopo la vittoria del 2006?
Dieci, infine, come i giorni necessari per capire le conseguenze delle notti magiche italiane e dei festeggiamenti, sull’andamento dell’epidemia, secondo Massimo Galli. Alcuni focolai legati alle visioni collettive nelle piazze sarebbero già stati registrati qui e lì per lo Stivale. Al primo ministro Mario Draghi piace ripetere che è necessario riscoprire il “gusto del futuro”. Ma in che modo esattamente bisognerebbe agire, se attualmente è così complicato ritrovare quello del presente?