Si muore tutti democristiani: la satira politica su Netflix
Il film de Il Terzo Segreto di Satira, Si muore tutti democristiani è su Netflix e ci ricorda che le cose non cambiano mai
La politica di oggi sembra molto diversa da quella di qualche anno fa. I problemi, soprattutto dopo un anno di pandemia, sembrano di tutt’altro genere. Ma se ci fermiamo un attimo a riflettere, parole come precariato, compromesso, crisi non sono passate di moda. Anzi. Quello che manca è forse la cara vecchia satira politica. Ma non serve tornare troppo indietro nel tempo per trovarla. Basta guardare Si muore tutti democristiani, film del 2017 del collettivo Il Terzo Segreto di Satira, disponibile su Netflix.
C’è una grande domanda che fa da mantra nel corso degli 89 minuti del film:
“Meglio fare cose pulite con soldi sporchi o cose sporche con soldi puliti?”
Una domanda non da poco che solleva un problema etico sempre attuale. Cosa siamo disposti a fare per un po’ di soldi? Almeno un paio di generazioni sono cresciute con la consapevolezza di doversi guadagnare il proprio posto nel mondo. Un posto retribuito ovviamente. Sgomitando, spingendo e faticando più degli altri con una tensione sempre crescente tra la necessità di lavorare e la propria etica personale. Questo è il nucleo fondamentale di Si muore tutti democristiani.
Enrico, Fabrizio e Stefano sono tre videomaker amici di vecchia data che collaborano insieme per raggiungere un riconoscimento artistico che tarda ad arrivare. Puntano in alto, hanno ambizioni elevate alimentate da alcuni riconoscimenti a un loro documentario, ma con fatica arrivano a fine mese. E se lo fanno è solo grazie alla realizzazione di video ai matrimoni. Un bel giorno, improvvisamente, tutto questo può cambiare perché ricevono la proposta che non si può rifiutare. Il loro agente (un Francesco Mandelli più che mai a suo agio) gli comunica che sono stati scelti per girare un documentario sull’Africa per conto della famosa onlus Africando. Cachet 150mila euro. Un lavoro artistico e per di più pagato!
Alla notizia i tre reagiscono come qualsiasi squattrinato farebbe. Una cena per festeggiare, prese in giro goliardiche, rotture con i legami che si è costretti a mandar giù malvolentieri. Tutto bello, finchè si scopre che il titolare della onlus in questione è indagato per appropriazione indebita di finanziamenti pubblici ed europei destinati alle attività umanitarie. I tre si trovano allora a un bivio: mandare all’aria anni e anni di militanza a sinistra. corrompendo la propria anima, o rifiutare il lavoro in nome di una solida integrità e coerenza?
È qui che Si muore tutti democristiani diventa propriamente maturo. Se fino a questo momento si era trattato di una commedia con note di satira qua e là (si veda il cameo di Paolo Rossi, sindacalista “nuovo”), ora la trama si divide in tre, seguendo i dubbi amletici di ognuno dei protagonisti. In un parallelismo con il percorso che ha portato al declino e poi al tracollo politico del centro-sinistra, ben costruito e riuscito, si assiste al confronto dei tre con i compromessi che li hanno spinti negli anni a seppellire i propri ideali giovanili di rivoluzione e rifiuto del capitalismo globale.
Chi ha sposato la figlia di un imprenditore. Chi cerca di metter su famiglia ma passa ancora le serate nei centri sociali e chi doveva andare al G8 ma si è fermato a La Spezia a fare il bagno. La satira si fa più pungente anche se non prevale su una struttura narrativa prevalentemente tragicomica che fa divertire e riflettere sia su se stessi sia sull’ipocrisia politica degli ultimi decenni. Efficace in questo senso è il ritratto di un sindacato che vuole osare ma non troppo. Che vuole uno spot moderno ma senza esagerare (i figli in braccio alle coppie gay anche no).
Il Terzo Segreto di Satira non è nuovo a questo tipo di operazione, già dai suoi primi video, infatti, il collettivo ha raccontato storie di precariato con un fondo di ironia sociale marcatamente manifesto, concentrati più sul contesto sociale e politico che sulla semplice gag. Il passaggio al lungometraggio non pesa in questo caso, a differenza di altre operazioni di questo genere (The Jakal o I Soliti Idioti), perché alla base si nota una sceneggiatura ben scritta che emerge e scorre lineare. Fondamentale in questo senso è la collaborazione con il sapiente Ugo Chiti.
Ma anche perché le interpretazioni di Massimiliano Loizzi, Walter Leonardi e Marco Ripoldi sono di altissimo livello. I tre sanno reggere l’intera durata del film con una recitazione collaudata e naturale. Essa è aiutata, forse, dall’autoreferenzialità della storia che è in parte autobiografica e riprende molti dei temi già affrontati ponendosi alla fine di un lungo percorso.
In Si muore tutti democristiani non mancano ammiccamenti ai follower e momenti di eccessiva stereotipizzazione. Ne è un esempio la resa dell’alta borghesia milanese, riassunta nel cameo di Cochi Ponzoni. Ma nel complesso la storia rimane solida con dei momenti assolutamente esilaranti e incubi di bergmaniana provenienza che rendono il prodotto decisamente positivo.