Le luci meticolose di Betlemme e la stella cometa
Ieri sera si è ripetuto un evento astronomico tra i più rari ed importanti della storia umana, celebrato sin dall’arte cuneiforme della Mesopotamia, diventato “stella cometa” a illuminare la nascita di Gesù, ma quasi nessuno se n’è accorto.
Stelle già dal tramonto
Il ritorno di Giuseppe – De André, La Buona Novella, 1970
si contendono il cielo a frotte,
luci meticolose
nell’insegnarti la notte.
Le luci meticolose di Betlemme
Sono meticolose le stelle e grande è la loro conoscenza, un tempo calendario e pantheon della vita terrestre: in alto tutto ciò che rimanda all’assoluto e fenomeno visibile di ciò che è trascendente.
Nei tempi antichi era il cielo a dettare il passar del tempo e delle stagioni, i momenti della semina e del raccolto, l’avvicendarsi, ciclico, dei mesi lunari e degli anni, la fertilità della terra e degli uomini. Era quindi il cielo a mostrare la verità divina, che colmava ogni mistero con il suo.
Siamo lontani da quel mondo antropologico e culturale, trapassando dalla significazione alla descrizione, da una civiltà del senso ad una funzionale. Siamo lontani anche da quel cielo tempestato da migliaia di stelle, noi che non alziamo più lo sguardo, con cui poi ritroveremmo solo inquinamento luminoso e smog.
Ci è difficile se non impossibile comprendere profondamente il rapporto tra un mesopotamico ed il cosmo, tra un antico ebreo e la comunicazione, ma anche un piccolo frammento biblico può diventare scrigno di segreti, rimandi, scontri, linguaggi, percorsi millenari ed incomprensioni. Ad esempio:
Gesù nacque a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode. Alcuni Magi giunsero da oriente a Gerusalemme e domandavano: «Dov’è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo venuti per adorarlo». All’udire queste parole, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i sommi sacerdoti e gli scribi del popolo, s’informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Messia. Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta:
Matteo 2, 1-12. 16
E tu, Betlemme, terra di Giuda,
non sei davvero il più piccolo capoluogo di Giuda:
da te uscirà infatti un capo
che pascerà il mio popolo, Israele».
Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire con esattezza da loro il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme esortandoli: «Andate e informatevi accuratamente del bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo».
Udite le parole del re, essi partirono. Ed ecco la stella, che avevano visto nel suo sorgere, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti poi in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese.
Erode, accortosi che i Magi si erano presi gioco di lui, s’infuriò e mandò ad uccidere tutti i bambini di Betlemme e del suo territorio dai due anni in giù, corrispondenti al tempo su cui era stato informato dai Magi.
Nell’immaginario tradizionale, una stella appare a tre Re Magi dettando loro il cammino fino a Gerusalemme dove incontrano Erode. Non ricevendo da questi nessuna informazione ulteriore, si rimettono in marcia con la stella che riappare e li guida fin sopra la capanna o la grotta o fienile dove è nato Gesù.
Prime ipotesi astronomiche e iconografia della cometa
Oltre un’interpretazione miracolistica della stella-angelo, la gran parte dei biblisti e degli studiosi ha voluto vederci un reale fenomeno fisico. Quale sarebbe potuto essere?
Sempre secondo l’immaginario dei nostri ultimi secoli, l’iconografia vigente vuole sia stata una cometa. Fu ipotizzata già da Origene di Alessandria ma, specialmente, fu dipinta da Giotto nella Cappella degli Scrovegni, ispirato dal passaggio della cometa di Halley, che da allora entrò definitivamente nella scena della natività e nei presepi, accostando il termine stella (dall’astro biblico) a cometa, creando un ibrido surreale ma popolarmente di successo. La Halley, più famosa chioma della storia, però, non ha un passaggio nell’intervallo, pur vasto, della possibile collocazione storica della nascita di Gesù.
A questo proposito, ricordiamo che Erode morì quasi sicuramente nel 4 a.c., per cui, se ci si attiene ai fatti evangelici, il parto di Maria è da considerarsi precedente, tra l’8 a.c. ed il 5 a.c.. Quindi se qualcuno avesse in dono di poter andare indietro nel tempo, non cercasse di assistere alla nascita del figlio di Dio portando la manopola all’anno zero, al massimo troverebbe un bambino, pure piuttosto dispettoso secondo i vangeli dell’infanzia!
Impossibile astro guida
Un astro estemporaneo è citato da fonti dell’estremo oriente, ma non di quello ora di nostro interesse. Si sarebbe potuto trattare anche di una nova o supernova. Chiudiamo immediatamente queste ipotesi astronomiche sottolineando un dato molto semplice, tralasciato da quasi tutti gli speculatori del caso: nessuna cometa, nessuna nova o supernova e nessun altro evento celeste può guidare una carovana su un punto preciso.
La Terra ha dei moti che permettono il susseguirsi del giorno e della notte, così come delle stagioni, per cui il Sole e le altre stelle, così come le comete, ci sembrano ruotare attorno a noi in maniera continua. È semplicemente assurdo pensare ad una posizione assoluta di un astro rispetto alla nostra visuale. L’unica stella che ci sembra “ferma” è quella che è, infatti, l’unico riferimento “fisso” nel cielo boreale: la stella polare.
Quando osserviamo un oggetto celeste, che sia una stella, un pianeta o che una cometa, lo vedremo percorrere circa 360 gradi in un giorno. Un uomo che viaggiasse sempre nella sua direzione non farebbe altro che tornare nel punto di partenza dopo 24 ore. Con dei cammelli avrebbero potuto percorrere una circonferenza di 50 km, praticamente allontanandosi di un diametro di circa 16 km e tornando indietro, una versione antica di Meo Patacca. Chiaramente nessuno ha seguito una cometa o una nova, così come nessuno seguirebbe il Sole, figuriamoci dei sapienti babilonesi.
È chiaro che tutte queste ipotesi non hanno senso. Ma in realtà Matteo, o chi per lui, non parla di cometa da seguire bensì di astro apparso quando erano in Oriente. Così come non parla di Re Magi (si trattava dei grandi saggi zoroastriani, detti magoi, cioè maghi, in quanto sapienti esperti di astrologia, che rappresentava tutto ciò che l’astronomia del tempo consentiva), non ne dice il numero (nei vangeli apocrifi e in determinazioni successive, si passa da 2 a 12, fino a stabilirne il finale numero di tre), né la città di provenienza.
L’unico dato impossibile del racconto è quello della stella che si ferma sulla casa (né capanna né grotta né fienile) dov’è Gesù, e resta irrisolvibile da un punto di vista astronomico: tutte le ipotesi messe sul tavolo si rivelano estremamente forzate e superficiali.
Analisi midrashica
Ma Matteo, o chi per lui, aveva interesse a ricostruzioni scientifiche? Certamente no, ed inoltre non era un babilonese. Era probabilmente attento ad armonizzare il racconto con le profezie bibliche e a renderlo universale.
Il primo riferimento, al presagio di Michea, è direttamente incorporato nel testo, un altro, importantissimo, è nel Libro dei Numeri, laddove un indovino, Balaam, predice a Balak, re di Moab, che “una stella spunta da Giacobbe e uno scettro sorge da Israele, spezza le tempie di Moab e il cranio dei figli di Set”. Un mago, un re, come Erode, ed una stella ad indicare l’avvento di un re più forte. E qui dovremmo ricordare anche che in tutta la storia, non solo biblica, re e grandi personaggi vengono presentati da astri o altri eventi astronomici.
Inoltre, che Gesù venga cercato prima da pagani (che si è sempre pagani di qualcuno) apre il suo verbo a tutta l’umanità, spezzando l’unicità ebraica e rivolgendosi all’occidente romano. Nella stessa direzione, in seguito, i maghi diventeranno Re Magi, sovrani nelle tre parti del mondo (Africa, Europa e Asia), con i tre colori della pelle allora conosciuti (nero, bianco e giallo) e addirittura con tre età della vita diverse, cosa che poi richiama il dio greco Aiòn, nato il 6 gennaio e raffigurato contemporaneamente come giovane, adulto e vecchio.
La grande congiunzione e i simboli
Quanti contenuti in quel frammento! E stiamo solo estremamente sintetizzando. Ma per tornare all’astro natalizio: cosa avrebbe legato dei sacerdoti zoroastriani alla natività cristiana? Sicuramente Matteo sapeva che i maghi erano anch’essi in cerca di una rivelazione divina e le loro grandi conoscenze astronomiche si facevano strumenti per essa. A quanto pare, nel loro simbolismo, Saturno rappresentava Dio e Giove suo figlio o un suo re, mentre la costellazione dei Pesci era la proiezione celeste del regno di Israele, o, meglio, viceversa.
Ecco, allora, che una rarissima congiunzione dei due massimi pianeti con sfondo quella costellazione poteva avere una grandissima importanza, tenendo inoltre conto che il passaggio del Sole nei Pesci nel solstizio più vicino rappresentava anche l’inizio di una nuova era d’oro.
Nel 7 a.c. non solo ci fu tale congiunzione ma fu la prima di tre repliche nell’arco di pochi mesi. Con questo si potrebbe spiegare come mai i maghi si muovessero tranquillamente in 40-60 giorni tra un evento ed il successivo: l’astro che riappare può essere una nuova congiunzione.
Ma va detto che tutto ciò non fu una sorpresa per loro. Non solo ritroviamo la triplice congiunzione registrata dagli egizi (in un papiro noto come tavola planetaria, conservato a Berlino, riportante i moti planetari dal 17 a.c. al 10 d.c.) ma addirittura i babilonesi l’avevano preventivamente calcolata, con estrema esattezza nelle tre date, nel Calendario stellare di Sippar, ritrovato in più copie.
Oggi non solo non riusciamo ad immaginare il rapporto degli antichi con la natura ma nemmeno quanto studio e scienza siano riusciti a raggiungere senza la nostra tecnologia. Grandi sono i viaggi che possiamo fare dal frammento di un libro antico, verso ciò che ci è ignoto e che è stato come il passaggio, quello sì, di una grande cometa di cui ora raccogliamo solo il pulviscolo, magari inconsciamente nel nostro presepe casalingo, piccole fiaccole cadenti nel cielo della storia.