Marketing culturale: quale marketing
Per approfondire la questione ultimamente divenuta d’attualità, dopo aver almeno definito cosa si intenda per cultura, occorre tarare il significato di marketing in questo ambito. Intanto, anche se i primissimi passi furono dell’italiano Giancarlo Pallavicini, il termine è stato direttamente importato dall’inglese, con un’ampia definizione:
“Il marketing è l’attività, insieme di istituzioni e processi finalizzati alla creazione, comunicazione, consegna e allo scambio di offerte che abbiano valore per i clienti, i committenti, i partner e la società in generale”
American Marketing Association)
Molto meno definito è invece il marketing artistico, che ha trovato difficoltà a contornarsi e farsi spazio. Prendiamo come riferimento la conservazione dei beni culturali e, quindi, il sistema museale in particolare, che in Italia è prioritario. Fino a pochi anni fa, la politica degli addetti era tutta indirizzata alle collezioni, agli oggetti, con una grande diffidenza a qualsiasi cosa che potesse invocare un pubblico (sarebbe stato mercato) oppure l’apprendimento (sarebbe finito ad intrattenimento) oppure ancora la partecipazione (sarebbe sfociata nel consumo).
Le preoccupazioni sono comunque sempre legittime, sia perché si rischia in ogni momento di ridurre i beni culturali a merce sia perché anche la mercatistica ha difficilmente compreso la peculiarità del mondo cui applicarsi. Basti pensare che i primi tentativi furono fatti applicando un generico marketing di prodotto, focalizzandosi sull’offerta ed enfatizzando l’importanza delle caratteristiche dei beni (la collezione, il sito o l’architettura, come basi di un’esperienza visiva). Finalmente, in seguito, si è passati a considerare il marketing dei servizi per i seguenti motivi:
- sebbene le collezioni di musei siano costituite di solito da oggetti fisici, questi non sono prodotti, poiché non vengono trasferiti al visitatore;
- una visita al museo non può essere prodotta fino a quando il visitatore non è presente nel museo (o visita il sito web) e termina con la sua uscita;
- le visite ai musei richiedono una notevole attività da parte dei visitatori.
Secondo l’International Council of Museums, la definizione di museo si è evoluta in linea con la società:
un museo è un’istituzione permanente e senza scopo di lucro al servizio della società e del suo sviluppo, aperta al pubblico, che acquisisce, conserva, ricerca, comunica ed esibisce il patrimonio tangibile e intangibile dell’umanità e del suo ambiente al fine dell’educazione, dello studio e del divertimento.
Inoltre, i musei sono organizzazioni dotate di proprie caratteristiche peculiari.
Il mutamento nella definizione della parola museo testimonia un importante cambiamento che si è verificato nel corso della storia, da una definizione funzionale, che era basata sugli oggetti, ad una intenzionale, basata sul pubblico, a causa dello spostamento nella missione e nell’orientamento, delle trasformazioni delle esigenze e dei desideri dei clienti e dello sviluppo di nuove tecnologie (ad esempio l’emergere di musei virtuali). Inoltre, i cambiamenti della politica governativa nei confronti delle arti e della cultura (consistenti principalmente in tagli di finanziamento), la sempre maggiore competizione per i visitatori e un sincero desiderio di servire meglio il pubblico, hanno incoraggiato un certo numero di enti ad investire nel miglioramento dell’esperienza del visitatore.
Pertanto, i musei si concentrano sempre più sui visitatori poiché utilizzano strategie di marketing per attrarne sempre di più, diventando people-based a differenza di quelli tradizionalmente soggetti alle scelte dei curatori, in cui la ricerca si concentra principalmente sull’indagine del pubblico.
Infine è diventato necessario parlare di marketing esperienziale perché gli enti non forniscono, o non devono limitarsi a fornire, solo beni e servizi ma mirare a servire esperienze eccellenti.
“Quando una persona acquista un servizio, acquista una serie di attività immateriali realizzate per suo conto. Ma quando compra un’esperienza, paga il trascorrere del tempo godendosi una serie di eventi memorabili che una compagnia mette in scena – come in un’opera teatrale – per coinvolgerlo in un modo personale.”
(L’economia delle esperienze. Oltre il servizio, B. Joseph Pine e James H. Gilmore)
Negli ultimi dieci anni il termine marketing ha acquisito un posto importante nelle agende di coloro che sono impegnati nella gestione del patrimonio artistico, ma anche se il marketing della cultura si è evoluto ci sono ancora alcune opinioni contrastanti nella pratica, e non solo.
Il rischio, però, ora è opposto: che si chiuda il dibattito, proprio quando il sistema non è ancora maturo.
Abbiamo, quindi, definito il termine “cultura” e descritta per grosse righe la storia del marketing di settore. È tutto? Basta dire che il valore di un museo è ora rappresentato dalla diffusione di informazioni relative a quegli oggetti la cui catalogazione e cura erano l’unico obiettivo in passato? È sufficiente parlare di marketing esperienziale?
A pensarci bene no, per niente. E le cronache a loro modo ci stanno a dire che si è lontani da una scienza e da una coscienza definitive. Specialmente in Italia, dove i beni culturali sono più importanti che altrove ma dove si è ancora lontani dagli studi sul tema condotti all’estero (si consideri per esempio l’esperienza del complesso britannico del Tate Museum).