La sera in cui finì il Barça che uccideva con lo chiffon
Il Barça di Lionel Messi è trapassato il 14 agosto del 2020. E come si addice ai generali e agli eserciti le cui gesta hanno determinato il corso delle cose e segnato epoche, è trapassato con un tonfo di tali proporzioni da non potersi definire ignominioso, come pure ha detto un colonnello, Gerard Piqué, a fine partita (“vergogna, abbiamo toccato il fondo”).
Non c’è vergogna nel collassare alla fine delle proprie imprese, al limite della propria esistenza che è assurta a epoca proprio per l’essere stata.
Nessun team sera aveva mai perso una partita di Champions League subendo otto gol in un solo match. Nessuno mai sino al 14 agosto 2020. Il Barcellona non ne subiva otto nei 90 minuti da ben 74 anni.
Una sconfitta che non è vergognosa, è epocale. Chiude per sempre l’era calcistica del Barça di Messi che è stato anche di Iniesta, Xavi, Neymar, Touré, Keita, Busquets, Alves e tanti altri.
Fino alla cessione Neymar ogni tessitore era stato sostituito con saggezza e pur con piccole variazioni di gioco, imposte da nuovi trainer, la matrice era rimasta la stessa. Immutata la capacità dell’esercito di aggiungere conquiste a conquiste, sempre con una supremazia fatta di classe, tocco, eleganza, finezza.
Il Barça ha segnato un’epoca col suo gioco, il tiki taka oramai estintosi per abbandono dei campioni che lo hanno interpretato. Si dice che quel gioco è parte del DNA del Barcellona, che sia instillato nei giovani della “cantera”. Si è detto che è il gioco di Guardiola, evoluzione di quello di Cruijff. La mania del possesso palla.
Ma abbiamo visto negli ultimi anni il Barça giocare con i ragazzi della cantera, avviati sul sentiero dei campioni, non interpretare più quel gioco alla perfezione. Abbiamo anche visto Guardiola a Monaco e Manchester non riuscire a replicare quel gioco.
Calato sul manto verde e sugli avversari, quello chiffon, fatto di passaggi ravvicinati, veloci, di prima, delicati, mai violenti, precisi, millimetrici, imprendibili, armoniosi, opprimenti sino a chiudere nell’area piccola gli avversari, poteva tessersi solo con nobili piote d’artista, quelle sublimi dei giocatori citati qualche riga su.
Via via che gli interpreti sono cambiati quella seta delicatissima e preziosa, elegante e feroce si è sdrucita, lacerata, strappata. Sino a ieri sera, quando, attonito, il mondo ha visto, lanciati dalle retrovie, palloni aerei a superar la linea mezzana del campo verso spaesate e a tratti disperate punte. A memoria comune, alcuno è capace di ricordare un lancio lungo di un giocatore vestito di blaugrana. Epocale serata del 14 agosto 2020.
Non è casuale che il colpo di grazia, a una squadra che resisteva per inerzia al proprio declino, sia giunto per mano, o meglio, per cosce e piedi, dei panzer tedeschi, possenti e prepotenti, di tecnica precisa, robotica, alta ma senza finezza.
Inferociti. Tweed sopra la seta, a sfilarla, eliderla, farne poltiglia.
L’immagine di Messi a capochino nello spogliatoio, sorvegliato da un alienato ter Stegen, e le parole di Piqué metaforicamente sono la foto da pagellina e l’omelia funebre sul Barça che abbiamo conosciuto in questo primo squarcio di secolo.
Teniamoci strette le immagini, le magliette, le sciarpe e i pupazzetti del team straordinario che ha esaltato gli amanti del football. Saranno cimeli di valore, madleine per ravvivare di enfasi e febbre il racconto futuro di quell’opera singolare che è stata strozzare gli avversari con veli di chiffon.