Psicogeografia in pausa
Nell’area di attesa del punto di imbarco per Napoli, all’aeroporto di Amsterdam, è appesa una lunga rappresentazione delle Metamorfosi di Escher.
La transizione dai polder al Mediterraneo è tutta lì.
Due mesi fa ho scelto di fermarmi a trascorrere questo periodo nella mia città natale, rientrando dall’Olanda in Campania. Ho iniziato a gestire ritmi diversi, ho visto e sentito amici da tutto il mondo, ho letto e riflettuto sulla mia vita, come tutti. In questa nuova fase, le abitudini più semplici continuano a muoversi in un incerto paesaggio in trasformazione.
Oggi, i paesaggi personali sono composti più che mai da una psicogeografia di luoghi della memoria, tassellati in immagini, ricordi, idee, incertezze, attese.
La psicogeografia delle derive urbane, prodotta dall’esperienza in spazi pubblici e ambienti privati, ha ceduto lo spazio al paesaggio mentale.
Così, mentre le relazioni quotidiane girano per lo più attorno allo schermo, appese a connessioni digitali, la memoria e l’immaginazione sembrano i luoghi privilegiati in cui praticare esplorazioni in libertà: dove persone, immagini, suoni e odori possono incontrarsi e sovrapporsi liberamente.
Più volte ho viaggiato tra Amsterdam e Napoli.
I frammenti della mia psicogeografia attuale sono appesi all’aeroporto di Schilphol, al punto di imbarco per Napoli, nella lunga striscia delle Metamorfosi di Escher.
M.C. Escher disegnò i polder, le pianure olandesi sottratte alle acque, evocando una scacchiera e rappresentando alcuni pezzi dell’architettura degli insediamenti sui canali come i pezzi di una partita a scacchi.
Nelle Metamorfosi, la scacchiera dei polder parte dal piano bidimensionale, poi prende volume e conquista la terza dimensione in stormi simmetrici di uccelli in volo. Le pianure conquistate al mare e divise in scacchiere viaggiano trasformandosi in pesci, triangoli, cavalli, in altri uccelli e in geometrie pluridimensionali. Queste forme evolvono in un imprevedibile percorso lineare, fino a trovare una struttura euclidea nei cubi puri dell’architettura mediterranea della Costiera Amalfitana. A chiudere Metamorphose II, dal promontorio su cui affaccia il Duomo di Atrani, una torre saracena si stacca ed entra in gioco nel Mar Mediterraneo, come un pedone.
Così Escher riporta il viaggio a quota zero, la stessa quota dei mulini a vento dei villaggi olandesi tra i polder.
Dopo il Grand Tour, durante la sua permanenza in Italia dal 1922 al 1936, l’artista olandese percorse il paese in lungo e in largo, trovando particolare ispirazione nelle atmosfere del mediterraneo, in cui declinò il suo linguaggio visivo, ma portandosi dietro le atmosfere della sua terra.
In questa metamorfosi di immagini e di eventi, i disegni di Escher riescono a legare i pezzi della mia psicogeografia attuale, divisi tra i Paesi Bassi e l’Italia meridionale.
Lavoro e abitudini, ricordi e vita quotidiana, si combinano senza conflitti in questo scenario surreale, in un paesaggio in metamorfosi, in un’idea di mondo senza tanti muri e confini, in un loop di immagini che si intrecciano, auspicando più intersezioni e meno separazioni per le fasi a venire, come accade nell’arte.