Gioacchino Cataldo, l’ultimo rais di Favignana
Rais, dall’arabo “capo”. Nel Mediterraneo il rais è soprattutto l’energico capo della tonnara che “dirige” la mattanza dei tonni. Gioacchino Cataldo è stato l’ultimo rais di Favignana: un gigante, un omone con il cuore di bambino e dalle mani spellate dall’acqua salmastra e torte dal tempo. Per tutta la sua vita ha vissuto per e con il mare e per undici anni ha diretto la tonnara dell’isola della storica famiglia Florio, costruendo senza sosta centinaia di reti, torcendo cavi ed eseguendo milioni di nodi.
Un lavoro di attesa, di lunghissime attese, quello della tonnara. Un’attesa fatta di fatica, di vento, di onde, di preghiere ai santi raffigurati sulla porticina di ingresso alla tonnara medesima. La preghiera era sempre la stessa: quella di trovarci i tonni necessari alla vita e alla sopravvivenza di tutta la ciurma diretta dal rais e non magari degli squali, come accadde nel 1987. La tonnara è un luogo pensato ove occorre conoscere, calcolare, prevedere: le correnti, gli spostamenti dei tonni, la temperatura del mare.
Gioacchino nasce nel 1941 a Favignana, dove passa l’infanzia, per poi volare in Germania come tanti italiani in cerca di fortuna: ma ci resterà solo dal 1963 al 1974. Il richiamo dell’isola è fortissimo e con grande coraggio e tanto amore vi fa ritorno come un moderno Ulisse, proprio mentre i giovani di tutto il mondo sognavano l’isola di Wight.
Tornato nella sua Itaca, Gioacchino si dedica a studiare misure, numeri, l’arte delle reti e la temperatura dell’acqua, il comportamento dei tonni e tutti i segreti che in un tempo lontano resero grandi i Fenici: dopo alcuni anni ormai è tempo di diventare rais. Ma diventare rais è una grande responsabilità e Gioacchino riceve questa investitura in anni difficilissimi: il tonno scarseggia per via delle tonnare “volanti” e i lavoratori hanno un grande bisogno di un leader, compito a cui terrà fede fino al 2008 prima di trasformarsi in mito vivente. “Aveva un genio dentro di lui”, mi racconta sua figlia Antonella, e quando depose la corona da rais ebbe inizio una nuova fase della sua vita: Gioacchino, che già negli anni ’70 portava i turisti in barca e cucinava assieme a loro (ciò che oggi si chiama in maniera chic “pesca turismo”), inizia i suoi tour nei ristoranti del nord Italia e nelle scuole alberghiere, dove i suoi racconti, la sua sapienza, la sua esperienza diventano oro per chi lo sta ad ascoltare.
Quello che Gioacchino amava di più era stare seduto in piazza nella sua Favignana, come un autentico monumento vivente sia per mole che per esperienza, incantando grandi e piccini, leggendo e prendendo appunti, senza smettere mai di imparare nonostante i capelli iniziassero ad argentarsi. Nel frattempo, tutto il mondo inizia ad occuparsi di questo omone del mare ed iniziano a giungere a Favignana giornalisti, curiosi e documentaristi. Molti appassionati di cucina forse lo ricorderanno nella trasmissione “MasterChef Italia” dove raccontò estasiato del lattume, delizioso “salume di mare” ricavato dallo sperma del tonno.
Il mondo intero si appassiona alla storia dell’ultimo rais di Favignana, una perla rara da proteggere, del quale conservare la memoria e le memorie, l’esperienza e i racconti: è per questo che l’UNESCO nel 2003 decise di dichiararlo patrimonio mondiale per “proteggerlo” come fosse una antica città perduta. La decisione giunge nell’isola, “vola veloce di bocca in bocca”, ma non sconvolge più di tanto Gioacchino che rise sempre di questa cosa tanto bella quanto assurda. Nella sua vita il mare è stato tutto ma c’è stato spazio anche per la fotografia, per le piante, per i libri, per i lavori di muratura e da idraulico, per la divulgazione e il racconto: un moderno McGiver del mare che sapeva fare ogni cosa. Un uomo che non ha mai smesso di imparare e di insegnare, che amava la semplicità, non attaccato alle cose materiali, che sapeva vivere giorno per giorno come solo gli isolani sanno fare.
Il 21 luglio del 2018 Gioacchino ha lasciato questa terra, senza mai lamentarsi e a testa alta. Con lui se n’è andato un pezzo di isola, assieme ad una storia secolare che non trova eredi né fra i giovani né fra gli anziani. La sua Favignana quel giorno si è vestita a lutto e i tonnaroti, fra le lacrime salate due volte, hanno intonato la cialoma, il canto della mattanza, guidati dall’ ex vice rais.
Lo scorso anno, nel tentativo di ripristinare quell’eredità, sono state calate le reti nuovamente, ma a vuoto: anche il mare sa che, senza il rais, niente sarà più come prima.
Ad Antonella Cataldo che mi ha raccontato la storia del suo papà.