L’attacco di Ricciardi alla Regione Lombardia dovrebbe offendere i lombardi?
L’intervento di Riccardo Ricciardi (M5S) alla Camera sulla gestione dell’emergenza sanitaria in Lombardia ha scatenato un vespaio di polemiche. C’è chi gli ha dato del “buffone” in diretta interrompendone a più riprese il discorso, c’è chi gli ha dato del “coglione” via social, c’è chi ha parlato di sciacallaggio. Una platea di scandalizzati vastissima, imprevedibilmente vasta. Nutrita non solo dai fisiologici oppositori politici, alle prese con istrionismi improvvisati, assembramenti protestatari e altro materiale da incazzatoio posereccio, ma anche da giornalisti al di sopra di ogni sospetto. Mentana su tutti: “Per colpire i suoi avversari identifica una regione martire con chi la amministra e bolla entrambi, arbitrariamente e con aperta soddisfazione, per il numero di morti”.
Eppure, ad ascoltare e riascoltare le parole dell’onorevole pentastellato, si fatica davvero a rintracciare toni sopra le righe, atteggiamenti speculatori, attacchi arbitrari alla popolazione lombarda o venature di compiacimento. L’appiglio per la furia degli strapazzatori mediatici sfugge. Anche perché una ricostruzione dei fatti emergenziali che si spingesse oltre il racconto assolutorio, se non autocelebrativo, propinatoci da Fontana & company, prima o poi doveva pur palesarsi da qualche parte. Senza considerare che il riconoscere come fallibili le politiche sanitarie lombarde non significa di necessità fare un processo simultaneo alla martoriata popolazione lombarda. Anzi, in apparenza, risulta piuttosto impenetrabile, se intellettualmente onesto, un simile automatismo interpretativo.
Ricciardi, tutto sommato, nel dichiarare il crollo del “modello Lombardia” ha semplicemente constatato, numeri alla mano, un dato incontrovertibile. Al netto dello “tsunami” epidemico, si sono accavallate scelte imprudenti, o dimostratesi tali, in gran quantità. Non a caso, la magistratura sta facendo verifiche per individuare ipotetici responsabili. Non a caso, la lombardissima rete di associazioni Milano 2030 ha lanciato una petizione per il commissariamento della sanità regionale. Dettagli che, giornalisticamente, non dovrebbero passare inosservati.
Invece, niente da fare. I molti detrattori non solo hanno ignorato quasi in blocco la grave svista del deputato grillino sull’ospedale nella Fiera di Milano (costato 21 milioni per 25 pazienti, ma messo in piedi in tempi record con un’operazione di crowdfunding e non “coi soldi delle tasse”), ma hanno puntato il dito sui toni inopportuni e sugli “arbitrari e soddisfatti” attacchi alla popolazione lombarda difficili da scorgere. Un atteggiamento che sa di difesa preventiva. Come se per la Lombardia dovesse funzionare, sul piano mediatico, l’equazione classe dirigente=popolazione.
Un’equazione della quale non ci si preoccupa quando si parla di infiltrazioni della Camorra in Campania, quando si parla di connivenza tra politici e Cosa Nostra in Sicilia, quando si parla di ‘Ndrangheta in Calabria. Un’equazione idiota, come qualunque equazione generalizzante, il cui presentimento, ad ogni modo, non può permettersi di screditare a priori qualunque tentativo di ripristino di una dolorosa verità che non sia quella ufficiale spacciata dalla propaganda di chi amministra.
I lombardi hanno il sacrosanto diritto di fare le loro valutazioni sugli errori commessi, di pensar male di chi li governa e di pretendere che eventuali responsabilità vengano appurate e punite. Diritti che rappresentano la massima forma di rispetto nei riguardi delle vittime: al contrario, l’insulto alla tragedia lo compie chiunque cerchi di non far emergere fino in fondo l’esatto ordine degli accadimenti.