L’edizione “definitiva” dell’opera di Magnus
Un piccolo evento editoriale, non solo per gli appassionati di fumetti, considerando anche il rapporto prezzo qualità dei volumi distribuiti in edicola. Parliamo de “Il grande Magnus”, la collana in 28 volumi, che raccoglie, ad eccezione di Alan Ford, «i capolavori di Roberto Raviola. A completare la collezione, volumi inediti e un ricco apparato di approfondimento, per scoprire tutto di un autore simbolo del grande fumetto italiano».
Si tratta di volumi cartonati di grande formato curati dai maggiori conoscitori dell’opera dell’artista bolognese, scomparso oramai ventiquattro anni fa, e cioè Luca Boschi, Davide Castellazzi e Gabriele Ferrero, autori di introduzioni, postfazioni e approfondimenti di grande rigore filologico.
Come rilevato da Fumettologica, «nonostante i suoi lavori siano stati ristampati diverse volte e in diversi formati nel corso degli anni, è la prima occasione in cui Magnus è protagonista di un’iniziativa così articolata e pensata per le edicole, dove un nuovo pubblicò potrà scoprire le sue storie».
Nell’immaginario popolare, Magnus è legato soprattutto ad Alan Ford, realizzato insieme a Luciano Secchi/Max Bunker. In realtà, ci troviamo di fronte ad uno straordinario artigiano che, nel corso degli anni e attraverso un lavoro letteralmente certosino, ha raggiunto vertici di bellezza ed espressività ineguagliati, attraverso i generi più disparati e finanche, nei momenti di difficoltà, accettando di pubblicare per collane di fumetti pornografici (e regalando anche in quel caso autentici, bizzarri capolavori come Necron).
Altra anomalia di Magnus è stata anche la capacità di evolversi da disegnatore ad autore completo. Se volessimo trovare un corrispettivo americano del nostro, sia per la “classicità” e l’iconicità del suo tratto sia per questa duplice natura (artigiano/artista, disegnatore/autore) non potremmo che fare il nome di Jack Kirby, il “Re”, cocreatore con Stan Lee dell’universo Marvel.
La definitiva consacrazione dell’artista è avvenuta con la mostra del 2015 a Bologna, in occasione della quale uscirono un libro e un film.
Una ricostruzione dettagliata della vita e dell’opera, di grande bellezza anche grafica, è costituita dal volume Magnus (Glittering Images, 1997), curato da Graziano Frediani e Renato Genovese.
Dopo l’apprendistato da illustratore, Raviola costituisce con Max Bunker una coppia esplosiva che esplora filoni di grande successo all’epoca: il noir, avviato da Diabolik delle sorelle Giussani, con Kriminal e Satanik, le spy-story (ispirate a Fleming) con Dennis Cobb, la fantascienza con Gesebel. Siamo nella prima metà degli anni Sessanta.
Annunziato da Maxmagnus, ambientato in un medioevo immaginario e grottesco, arriva il successo di Alan Ford (Editoriale Corno, 1969), in cui la caricatura del mondo delle spie si mescola alla critica sociale in una stagione di profondi rivolgimenti (e non a caso Fausto Colombo gli dedica pagine dense nel suo Il paese leggero. Gli italiani e i media tra contestazione e riflusso, Laterza 2012).
Dai primi anni Settanta, però, è evidente che Magnus aspiri ad altro dalla serialità, pur di livello. Inizia una lunga stagione di capolavori che culminerà, in un commovente epilogo, nel confronto con un’icona del fumetto italiano “popolare , Tex (1996), che riesce a completare in monacale solitudine (a Castel Del Rio) mentre combatte con il male che lo condurrà alla morte prima della pubblicazione del volume.
Partito da un uso abbondante dei neri (che all’inizio serviva anche a velocizzare i tempi di realizzazione delle tavole), il “secondo” Magnus raffina il tratto, elaborando una personalissima forma di “ligne claire” (storicamente legata alla scuola francese e belga), con un tratto pulito e definito, e sviluppa, nel contempo, un’attenzione maniacale ai particolari che lo rendono assolutamente unico in un panorama, quello italiano, pur ricco di grandi artisti della “nona arte” (Pratt, Battaglia, Toppi, Crepax, ad esempio).
Nel contempo, Raviola dà sfogo a tutta la sua rabdomantica curiosità (con una fascinazione tutta particolare, soprattutto a partire dagli anni Ottanta, per l’Oriente che ritroviamo trasfigurato ne I briganti e ne Le 110 pillole), costruendo personaggi disincantati ma mai domi in un mondo spietato, retto dal cinismo e dal denaro.
Lo Sconosciuto, ad esempio, si confronta con la storia contemporanea portando il protagonista, un ex mercenario ossessionato dalle terribili gesta che ha compiuto, dal Marocco al Libano, dalla Francia alla Bolivia in cui trovò la morte il Che.
Giovanni Romanini, che ne era amico e collaboratore, scomparso da pochi mesi, ha detto di lui: «Sapeva essere colto e sofisticato senza mai cadere nello snobismo. Poteva citare poeti arabi, cinesi, indiani o fantasticare su intere storie a partire da una sutra del Corano come se fosse la cosa più naturale del mondo, perché per lui lo era».
Il cosiddetto “Texone” (La valle del terrore) è considerato dai più il testamento di Magnus (su testi di Claudio Nizzi).
Si tratta di un’opera monumentale in cui ogni tavola e ogni vignetta, al di là della storia abbastanza scontata, rivelano continuamente particolari nascosti, degni di un pittore fiammingo del XV secolo, quasi come se l’autore volesse congedarsi dal mondo con un’opera ineguagliabile.
Secondo Antonio Tripodi, ci troveremmo di fronte ad una rinascita di uno stile liberty «estremamente esornativo, dove l’armonia delle forme prende il sopravvento sui volumi della figura umana che resta appiattita come una mera decorazione, funzionale solo alla grandiosità del contesto pittorico».
Maximus più che Magnus, dunque, del fumetto italiano, come il “Re” di quello statunitense, Raviola è stato in grado di essere autore “popolare” ma anche artista sublime, ancorato alla tradizione ma capace instancabilmente di rinnovarla.
Bello che un pubblico nuovo possa scoprire la inesauribile ricchezza della sua opera attraverso i ventotto volumi (giunti ora al 6°) de “Il grande Magnus” .
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Il disegno, come i precedenti che accompagnano i contributi di Nicola Sguera, è di Ferdinando Silvestri: laureato in fisica, ha capito da un pezzo che la sua strada è quella delle matite. Quando non disegna, divide la sua vita tra famiglia, karate e lettura.