I tempi del vaccino: la risposta di un ricercatore di Oxford

Le stime sui tempi di elaborazione, testing, produzione e distribuzione del vaccino per il coronovirus sono state spesso pessimistiche. Tra gli esperti, c’è chi parla di un anno, chi di diciotto mesi. E il nostro Ministero della Salute concorda con tali previsioni. Tuttavia, negli ultimi giorni si è diffusa la notizia di una possibile disponibilità su larga scala, in tempi record, del prototipo vaccinale in sperimentazione a Oxford. Per fare chiarezza sulla solidità di una così ottimistica aspettativa, ci siamo rivolti a Stefano Maio, ricercatore in un laboratorio di immunologia della Oxford University.

Per il vaccino in fase di sperimentazione a Oxford, che ha dato risultati molto promettenti sulle scimmie, si parla addirittura di una possibile prima distribuzione mirata già a settembre. E’ un’ipotesi realistica?

Il vaccino è già in sperimentazione sull’uomo – Oxford University ha reclutato volontari per testarlo – e il trial sta andando bene. Se si continua così, una distribuzione di massa del vaccino potrebbe verificarsi entro breve termine. Difficile tirare fuori delle date, ma si spera nel minor tempo possibile. Qualche giorno fa Oxford University ha rilasciato una news di una collaborazione con una grande industria farmaceutica (AstraZeneca) per una potenziale distribuzione su larga scala del vaccino.

Com’è possibile che la timeline per la distribuzione del vaccino possa comprimersi così tanto rispetto alle previsioni più accreditate e rispetto alle tempistiche standard? I protocolli scientifici di sperimentazione vaccinale non richiedono sempre e comunque tempi tecnici ineludibili? 

Siamo in un momento di emergenza globale, bisogna rimboccarsi le maniche e cercare di essere quanto più attivi possibili. Ricercatori di tutto il mondo stanno lavorando h24 per cercare la soluzione migliore. Ciò che posso dirvi è che nella scienza bisogna credere e confidare, anche perché è l’unica arma che abbiamo per combattere l’epidemia.

Sappiamo che l’elaborazione vaccinale può seguire percorsi differenti. Quali sono i criteri scientifici che hanno portato all’elaborazione del vaccino in fase di sperimentazione a Oxford? E tali criteri rappresentano una novità assoluta nell’ambito della ricerca sui vaccini? 

Mi piacerebbe davvero molto poter condividere con tutti questo tipo di informazioni, ma per un discorso prettamente lavorativo non posso parlarne. Ciò che posso dire è che la Oxford University è da sempre un avamposto della ricerca scientifica e nemmeno questa volta sta disattendendo le aspettative.

Quando avremo i primi risultati attendibili in merito all’efficacia del vaccino sugli uomini e dopo quanto tempo dall’uscita di tali risultati è ipotizzabile la distribuzione?

Mi piacerebbe riuscire a rispondere a questa domanda fornendo delle informazioni specifiche sull’efficacia e sui tempi del vaccino, ma con molta franchezza non si possono ancora prevedere tutti gli sviluppi. È complicato poter individuare tempi precisi, anche se molti sono i proclami che attualmente si sentono in giro. La verità è che, come ben sapete, i tempi non sono brevissimi, ma al momento posso sbilanciarmi e dirvi che noi siamo realmente molto positivi e fiduciosi.

Quante persone dovranno essere coinvolte affinché lo studio clinico possa rivelarsi esauriente? 

Essendo tutto un work in progress ma anche una corsa contro il tempo, è molto complicato individuare il numero esatto di persone di cui c’è bisogno per annunciare che “ce l’abbiamo fatta”. E’ un numero che dipende dal trial e bisogna vedere questo come prosegue. Al momento le informazioni che abbiamo sono più che positive, ma c’è bisogno di aspettare ancora e continuare a lavorare in questa direzione che, a quanto pare, sembra essere giusta.

Quali ostacoli potrebbero rallentare la buona riuscita della sperimentazione?

Ecco, una domanda essenziale la cui risposta potrebbe apparire come una critica categorica e, allo stesso tempo, come un monito. Il punto è che la ricerca è una missione, una sfida vitale per l’intera umanità, e dipende da tanti fattori. Un tipico fattore di rallentamento, che anche in questa circostanza potrebbe giocare un ruolo negativo, è evidentemente e sostanzialmente la mancanza e il supporto di aiuti e fondi da parte di governi e agenzie governative.

In fine, da scienziato italiano che vive in Inghilterra, come reputa le misure di contenimento dell’epidemia adottate dal governo inglese rispetto a quelle adottate dal nostro governo?

Dunque, ci sono state (e ci sono) differenze nella gestione di tutta la situazione, ma credo che ogni governo abbia fatto il meglio che poteva per bloccare questa pandemia. Ecco, le differenze che ci sono state sono ben visibili agli occhi di tutti, ma se “confinare” è stato relativamente semplice, “riaprire” è una sfida ancora più complessa e, anche se non mi compete questo campo, il programma della Spagna che prevede una riapertura particolareggiata per province e Regioni mi sembra uno dei modelli più interessanti da un punto di vista sociale ed economico. Ma lasciatemi anche dire che il vero vincitore di questa sfida, a mio avviso, è stato ed è il buon senso di tutti. È stata ed è una immensa dimostrazione di maturità civile e sociale.  Possiamo farcela.