La pandemia? Un castigo divino per i matrimoni gay

Mai visti così tanti uomini di scienza in TV. L’ordinaria amministrazione gli concede, al massimo, qualche comparsata negli intermundia dei palinsesti, laddove, per fasce orarie o disinteresse, il grande pubblico latita. Si potrebbe quasi parlare, a inseguire gli stilemi del momento, di spillover mediatico: ovunque virologi, immunologi, epidemiologi, eccetera. Un eccetera intriso di metodo, cautela, numeri, sperimentazione e rigore. Un eccetera sorprendente.

Qualche ottimista-a-tutti-i-costi potrebbe addirittura pensare a un legame tra pandemia e Illuminismo di ritorno. Ripetendosi, magari, che nelle pieghe della piaga sia sostanzialmente inopportuno offrire minutaggio agli ariafrittologi. E che lo spettatore medio, messo alle strette, fa economia cognitiva e ricerca solo pareri competenti.

Ma le cose, come al solito, sono più complesse e meno idealizzabili. L’ermeneutica del flagello non prevede il monopolio della scienza. Restano in parecchi, anzi, a voler sfamare la propria curiosità e le proprie angosce avventandosi su interpretazioni alternative, ben più sode, delle tragiche vicende in corso d’opera. Si tratta, tendenzialmente, di menti insoddisfatte dall’attitudine a non sbottonarsi degli addetti ai lavori, mai prodighi in previsioni sul lungo termine e del tutto incapaci di escursioni oltre gli angusti confini dell’apparenza. Menti insoddisfatte per le quali s’è subito attivata, guarda caso, un’apposita Teologia del virus, con apposite meccaniche celesti, tipiche del Dio veterotestamentario incazzoso e punitivo.

Ad esempio, il patriarca Filarete di Kiev, massima autorità della chiesa ortodossa in Ucraina e luminare della teoepidemiologia, ci assicura che “i matrimoni omosessuali sono la causa del coronavirus”. Più che la Causa, diremmo, una concausa, perché a questi ultimi bisogna aggiungere tutta una serie di “comportamenti moralmente sporchi”. E il patriarca non si riferisce alle guerre, alle pulizie etniche, alle devastazioni ambientali o a quel viziaccio che induce qualche cinese a frequentare i wet market e a sgranocchiare, all’occorrenza, i pipistrelli, bensì all’ateismo.

L’arcivescovo antibergogliano Carlo Maria Viganò, nella sua eziologia mistica del Sars-Cov-2, rispetto a Filarete si dimostra persino più completo, integrando le scontate rivendicazioni LGBT con “la pornografia, il divorzio e le speculazioni delle élites finanziarie”. Non necessariamente in quest’ordine. E, secondo alcuni discepoli infedeli, con possibilità di innumerevoli combinazioni: divorzi delle élites finanziarie, rivendicazioni delle élites finanziarie, speculazioni pornografiche, divorzi speculativi, divorzi elitari, divorzi finanziari, élite pornografiche, rivendicazioni pornografiche, speculazioni delle élites LGBT, ecc.

Tuttavia, l’attendibile per antonomasia, il definitivo, da cui siamo distanti anni luce per avanzamento ontologico, è Perry Stone, vescovo della Church of God. Il quale pare abbia messo al corrente i fedeli della comunità di Cleveland di un suo probabile colloquio con lo Spirito Santo in cui avrebbe “udito una voce maschile” che senza mezzi termini gli avrebbe comunicato l’equazione coronavirus = “castigo di Dio per adozioni e matrimoni gay”.

Per dovere di cronaca, in conclusione, citiamo anche Padre Livio Fanzaga, pupillo di Salvini, a sua volta pupillo di Fanzaga. Il quale, dalle frequenze di Radio Maria, ci fa sapere, sic et simpliciter, che ci troviamo nel bel mezzo del “periodo di Satana” e che, con il demonio a signoreggiare, uscire di casa senza rosario sarebbe sconveniente.

Capito? Altro che vaccino! Per fiaccare l’epidemia basterebbe abbattere la “dittatura gender”.