Intelligente come un vegetale?

Quando cerchiamo di trovare una nostra collocazione nel cosmo spesso tendiamo a dare una classificazione in base a doni che riteniamo siano una prerogativa del genere umano, quali, ad esempio, l’intelligenza, la capacità di imparare, la coscienza. Quanto più eterea, sottile e cerebrale diventa tale attribuzione, tanto più eleviamo inevitabilmente l’essere umano su un piedistallo.

Se, però, notiamo cosa significa in latino in-parare, ci rendiamo conto di come il mondo vegetale, con gli strumenti di cui dispone, si procuri informazioni e ogni cosa di cui abbisogna con strategie che ci farebbero impallidire dallo stupore tanto sono sofisticate. 

Qualche anno fa mi sono imbattuto in un articolo scientifico di un gruppo di ricerca dell’Università di Tel Aviv che, in pratica, ha inaugurato una originalissima branca di ricerca: la fitoacustica

Il bel fiore giallo dalla forma concava della Oenothera drummondii risponde solo a specifici stimoli acustici per rendere il suo nettare più dolce entro tre minuti dall’inizio del ronzio delle api. Con questo meccanismo la primula della sera seduce le api con una più dolce ricompensa e rende quindi le loro visite più lunghe, aumentando le possibilità di impollinazione nella sua stessa specie floreale. 

Puntando un raggio laser sul fiore della Oenothera drummondii i ricercatori hanno poi scoperto con la tecnica della vibrometria che è il fiore stesso che funziona come un organo uditivo e che vibra infatti solo in risposta al battito d’ali delle api dalla caratteristica frequenza sonora. Le vibrazioni dei petali si ipotizza possano essere captate da meccanorecettori che quindi stimolano la corolla a produrre nettare più dolce.

Questa scoperta è molto affascinante perché mostra quanto una pianta sia “intelligente” e utilizzi solo ciò di cui è dotata per migliorare la sopravvivenza della propria specie.  

In maniera un pò beffarda, e per dirla con Saul Steinberg, è un po’ come riconoscere una rivincita al mondo vegetale, che può finalmente annunciare ironicamente “Cogito, ergo Cartesius est”, come fa l’omaccione raffigurato da questo sagace vignettista rumeno in una caricatura apparsa su un numero del “New Yorker” del 1962.

Più prosaicamente, non si ha la pretesa filosofica di dimostrare che si esiste perché si pensa! Piuttosto, attraverso il “ragionamento” si diventa consapevoli di ciò che si conosce e che si possiede in una maniera analoga all’atteggiamento dell’in-parare etimologico cui accennavo.

Un’altra scoperta meravigliosa è la capacità di una pianta rampicante di imitare la forma delle foglie della vegetazione che avvolge. La Boquila trifoliolata, come ben spiegato in un articolo del National Geographic, riesce a generare foglie di una forma quasi uguale a quelle dell’arbusto al quale si aggroviglia. Inoltre, mano a mano che si inerpica dai bassi arbusti fin sugli alberi, produce sorprendentemente foglie morfologicamente quasi identiche a quelle del nuovo alto ospite arboreo. 

I ricercatori dell’Università del Cile ritengono che tale mimetismo possa aiutare il rampicante a farsi notare di meno nella vegetazione e a essere una preda meno frequente di insetti che si nutrono di foglie. Probabilmente il mimetismo è dovuto ad una comunicazione delle foglie della Boquila trifoliolata con le foglie dell’ospite che essudano dei “segnali” chimici volatili.

Sofisticate abilità matematiche di ottimizzazione combinatoria sono state dimostrate addirittura per una muffa melmosa, il Physarum polycephalum, un blob che riesce a risolvere egregiamente problemi complessi quale quello del commesso viaggiatore. Il compito assegnato alla muffa consiste nel trovare il tragitto più breve che tocchi “le città” una sola volta. In effetti la tendenza di questo organismo alla ottimizzazione del percorso è da ascrivere alla sua abilità di crescere nella maniera più efficiente possibile in una ricerca di risorse. Nell’esperimento del 2010 dell’Università di Hokkaido la muffa ha addirittura replicato le interconnessioni del sistema ferroviario dell’area di Tokyo avendo a disposizione nel test 36 fiocchi di avena rappresentanti le stazioni ferroviarie.

Esporre la nostra mente a scoperte così originali e significative talvolta può far vacillare le nostre convinzioni sulla presunta superiorità dell’uomo in quanto organismo pensante. In effetti, è proprio la sorpresa offerta dalla Natura che dovrebbe spingerci a ragionare fuori dagli schemi e a rompere l’immobilismo di una razionalità cristallizzata. Alla scienza più che una ricerca nella continuità giova molto una ricerca della discontinuità e il procedere a salti.

La ricerca scientifica come spesso mi piace riportare è come una sontuosa torta a strati: possiamo avere successo nel costruire una solida conoscenza inerpicandoci dal livello della pazienza a quello dell’eleganza, all’equilibrio e poi al criticismo in un ordine non prestabilito e senza forma mentis. Se, tuttavia, ci rendiamo conto che il dolce appena preparato e decorato non è perfetto, dovremmo gettarlo via senza rimpianti come nel film “The Hours” per ricominciare daccapo senza esitazioni, proprio perché il lavoro di uno scienziato è un mestiere. 

In un contesto più generale e oggi come non mai è necessario allontanare modi di pensare ereditati e desueti e permettere a noi stessi di entrare in un periodo inedito con uno spirito rinnovato, cercando di acquisire conoscenza, ma con un cambio di paradigma. 

Sapere non è potere.