Il marinaio Conte e il decreto Muore Italia
Il Governo Conte ha approvato tre giorni fa il decreto Cura Italia. Un mix di interventi finanziari animati dall’obiettivo nobile di rinfrancare le economie di famiglie, lavoratori e imprese aggredite dall’infezione COVID -19. Aggredite, anzi, è più corretto dire, dalla radicale scelta governativa di contrastare la diffusione del contagio, isolando il paese da se stesso, imponendo un coprifuoco soft.
A ben vedere la rubrica scelta dal governo tradisce la consapevolezza dell’incongruità di fondo del provvedimento. Al pari della polmonite primaria che colpisce le persone contagiate, la polmonite da quarantena che toglie il fiato alla produzione di reddito nel Paese avrebbe richiesto la terapia intensiva e non una banale cura. Come, però, non disponiamo di respiratori sufficienti a intubare tutti gli ammalati, così non disponiamo di polmoni finanziari per vaccinare l’economia.
La Tachipirina di Gualtieri
A dispetto di qualsiasi buona intenzione, il Ministro Gualtieri al posto del Tocilizumab non ha potuto che mettere sul piatto la Tachipirna , ossia la modesta cifra di 25 miliardi di euro. Si tratta, a ben vedere, di un importo sottostimato. La maggiore assegnazione (4,3 miliardi), infatti, relativa alla cassa integrazione, è stanziata sull’ipotesi, tutt’altro che realistica, di un intervento della durata di appena un mese.
Altri paesi europei, con economie più vivaci e con minor debito pubblico sul groppone, hanno piazzato l’all-in sin da subito, cifre non paragonabili a quella italiana (si pensi ai 550 miliardi della Germania).
Si potrà obiettare, senza mentire, che al momento questo è il massimo sforzo compatibile con i vincoli europei. Si può precisare, però, che 25 miliardi rappresentano il massimo sforzo con l’attuale livello di spesa. Una spesa che include alcune voci che potevano e forse dovevano essere oggetto di qualche raschiamento: pensioni d’oro e reddito di cittadinanza, che presenta alcune storpiature non da poco, innanzitutto.
E, invece, l’esecutivo addossa colpe all’Europa mentre ne chiede il sostegno. La sensazione che se ne deriva è quella di mancanza di coraggio e fantasia – per non essere più recisi nel giudizio – rispetto alla rilevanza dei problemi che lo investono. Il marinaio comune Conte, così, trovatosi a guidare il bastimento in mezzo alla tempesta più violenta che il più anziano vivente del pianeta possa ricordare, rischia di fare affondare il Paese.
L’elefante e il click day
Non bastasse la scarsità delle risorse investite, sui polmoni sofferenti dell’economia e delle famiglie è destinato ad abbattersi l’elefante della burocrazia. Molte delle misure previste dal decreto, dai bonus per i professionisti senza cassa di previdenza, ai permessi retribuiti per i genitori, ai maggiori permessi per l’assistenza ai disabili gravi (L. 104) dovranno essere regolamentati dall’INPS. Saranno erogati a sportello, ossia sino a esaurimento degli stanziamenti.
Il Presidente dell’INPS, Pasquale Tridico, ha già annunciato la possibilità che l’accesso agli interventi potrà avvenire col metodo del tristemente noto click-day. Gli interessati, famiglie, lavoratori, professionisti, insomma, dovranno chiedere il rilascio del PIN INPS, dotarsi di una connessione veloce e di un computer prestante, mettersi ai blocchi indice sul mouse e, allo scoccare dell’ora prefissata per l’invio, spingere la domanda con un click. A quel punto occorrerà chinarsi a pregare ciascuno il proprio Santo (e chi è senza fede si freghi) affinché per qualche nanosecondo la propria domanda abbia preceduto l’esaurimento dei fondi disponibili. I più, inevitabilmente, si ritroveranno a bestemmiare per l’intasamento della rete, il browser lento, il pc bloccato, il virus e dio solo sa cos’altro.
Una complessità esuberante, insomma, per persone la cui condizione psicologica è già messa a dura prova dalle difficoltà finanziarie e dall’isolamento sociale (eufemisticamente e inquietantemente definito distanziamento sociale).
Rassicurazioni vs insofferenza
Alcuni ministri, oggi, rilasciano vane dichiarazioni rassicuranti per attenuare l’impatto della incauta uscita di Tridico.
È lecito chiedersi, però, se queste insufficienti misure disposte e le relative macchinose procedure, non siano destinate a esacerbare l’insofferenza del tessuto produttivo del paese. Pensiamo, in particolare, ai lavoratori del settore privato, agli autonomi cui è stata venduta l’illusione di essere imprenditori di se stessi, ai professionisti. A quello strato di società italiana, insomma, che stava appena intravvedendo la fine di un tunnel durato oltre dieci anni e che ha portato il ceto medio produttivo sotto il livello dei salariati pubblici (il nuovo ceto medio – produttivo? – del paese).
Forse, in attesa di liquidità di derivazione comunitaria, si poteva fare meglio attraverso rimodulazioni di spesa, imponendo una solidarietà che pare imprescindibile. Sotto il profilo della percezione comune poteva essere di sollievo. Sotto il profilo dell’elaborazione politica poteva servire a elevare la statura dell’esecutivo.
L’anidride carbonica
Il marinaio Conte, raccogliendo l’agitazione della base grillina (ci risultano da fonti parlamentari non blande rimostranze per il click day) invita a stare sereni, mentre si bea dei sondaggi che lo danno al top della popolarità. È massima, paradossalmente, l’avversione all’Europa (sondaggio Demos per Repubblica, pubblicato ieri dal quotidiano romano) proprio mentre si attende l’azione comunitaria per pompare euro nei tessuti asfittici dell’economia.
“Ci saranno nuovi interventi”, ha preannunciato il Premier, sapendo che la Lagarde stava muovendo l’artiglieria pesante della BCE. È una buona dichiarazione, speriamo diventi notizia. Se così non fosse il decreto Cura Italia sarà quel che è una boccata di anidride carbonica per un paziente in debito d’ossigeno e finirà per essere ricordato come il decreto Muore Italia.